C’era troppo Clubbing nel tuo Thriller
di Dario Greco - 25 maggio 2015
Immaginate se fra un po’, in seguito a un fortissimo esaurimento nervoso, dovuto a troppi Estathé e a pochi riposi postprandiali, io quasi per incanto, e con un insolito piglio suprematista cominciassi a scrivere status farraginosi sulla condizione di un ultra trentenne affetto da pigrizia acuta che ha smesso di radersi perché di lacrima facile o solo perché fa figo essere un hipster.
Potrei in alternativa scrivere dei finti report dove esalto le performance astruse della nuova Marina Abramović di turno, senza però scordarmi di denunciare la carenza di CLUBBING in Italia… ormai sempre più imperante e diffusa. Oppure diventerei uno di quegli intellettuali di provincia, che al venerdì preferiscono il cinema alla serata live, dimenticando il mio background da giovinastro affetto da aritmia precoce. Potrei esaltare il ritorno di George Miller, mito di gioventù e baluardo di velocità, nichilismo e visione distopica di tutte le brutture che ogni giorno viviamo nel nostro quotidiano inferno al silicio. Immaginate una scena degna di Matrix, dove al posto di campi di esseri umani, si snodano cuffie, tastiere e monitor da call center. Dacci oggi il nostro call master quotidiano e rimetti a noi i nostri accrediti.
O magari se facessi lotte di principio per un giornale di merda come CALABRIA ORA, e come diceva Pierangelo Bertoli, vestendomi come un fesso con maglie a righe da hipster-in-stile-marinaretto-minimal-chic-fan-di-David-Crosby o del cantautorato west coast agrodolce alla James Taylor, salviamo le balene, liberate li pescetti + apericena vegan-style & cose, vorrei che, a quel punto, qualche vero amico mi prendesse a male parole o, ancora meglio, a calci nel deretano!
Se le cose andassero così mi aspetterei da voi una colletta per pagare un sicario affinché mi possa cucire un pregevole cappotto di legno vecchio stampo, così almeno uscirei di scena come un “martire”, facendo la figura dell’eroe idealista e romantico tutto d’un pezzo. Per poi venire rivalutato dopo tanti anni come un novello Peppino Impastato, con tanto di serate a tema organizzate dal teatro dell’acquario a cui partecipano persone ipovedenti o con evidenti problemi di deambulazione e maglioni a collo alto, polacchine e giacche di velluto a costine larghe.
…E una vita sprecata e gli altri siamo noi di Umberto Tozzi che fa da colonna sonora ad una periferica esistenza di silente monotonia e di assoluta vigliaccheria, sopportando angherie sul posto di lavoro, corna e cazziatoni, e nervi a fiori di pelle, e palle che girano come eliche di un idrovolante invisibile che smuove la mia coscienza di verme rancoroso e inutile ammennicolo, avanzo di call center, rifiuto di liceo, bandito da ogni accademia che si rispetti e non. Tanto alla fine come diceva qualcuno una moglie brutta e una laurea in scienza della comunicazione non la si nega a nessuno, o quasi…
Forse c’era solo un po’ troppo clubbing nel suo thriller, per essere un ragazzo simpatico e colto, come ce ne sono tanti in questa provincia sorniona e narcolettica. O, forse, sto solo narrando le gesta di un novello Don Chisciotte armato di cuffie e consolle, con un cuore grande più di una valigetta colma di bei cd e musica celestiale. Oppure forse dovrei smetterla di farmi distrarre dal cd di Gianni Celeste, che la mia vicina si ostina a mandare in loop a tutto volume. Il buon trading chiama e ci sono piatti da lavare, account da sloggare e profili twitter da aggiornare.
Se non giochi a calcio, da giovane nei piccoli paesi di provincia come Lattarico o Rota Greca, difficilmente trovi un posto, una moglie e un cognato che possa davvero stimarti. C’è troppo thriller in queste mie affermazioni. La notte è un cacciatore solitario con un biglietto invisibile da vidimare. Devi solo scegliere se tu sarai il vigilante o il gaglioffo seduto in quel bar a consumare amari, aspettando il finale di partita: Lattarico-Rota Greca. La vita è qualcosa di più che una battuta di caccia al cinghiale: doveva andare a Berlino, ma a Fuscaldo era già una leggenda.