Sanremo 2014

di 2bePOP - 14 febbraio 2013

Sanremo: il Corso Fiorito<br /><br /><br /><br /><br /><br /><br /><br /><br /><br />
Sanremo: the Flower Parade

Lo hanno capito. Altrimenti perché fare iniziare il festival di martedì grasso? Cavolo, ormai è prassi che cominci in concomitanza con i giorni del carnevale. Del resto carri e carrozzone vanno forte solo per quanto riguarda la satira politica. Crozza merita un discorso a parte. Ma la Littizzetto che invoca il santo patrono della città è uno spasso: “Caro Santo Remo fai che non mi venga mai in mente di fare rime mentre presento Gualazzi. Meno male che non c’è Samuele Bersani, sennò bisognerebbe trovare un Samuele Monti e un Samuele Berlusconi“. E  alla fine fa anche una promessa. “Non pronuncerò mai il nome di un politico, invece di Maroni dirò beige e invece di Casini dirò puttanaio”.

E questo era il via. La novità è che quest’anno ogni artista presenta inizialmente ben due canzoni alla gara e che una selezione da parte di pubblico e critica fa quindi la prima scrematura per sceglierne una. Stranamente sia la giuria popolare che gli addetti ai lavori prediligono sempre la seconda, magari perché durante la pima sonnecchiano oppure per la vecchia regola di Verdone: “qual è stata mejo? A seconna”. Ogni tanto capita il contrario, ma solo se a cantare è una bella signorina. E poi dicono che è colpa di Berlusconi e di Drive In, sti porci.

Gli italiani sono così: hanno bisogno o del mostro che li deresponsabilizzi dalle loro micro-deficienze, o di una fazione per la quale tifare. Quei tre che fischiavano Crozza lo confermano: non avevano ne’ meno valenza politica di lui e ne’ più coraggio di Schettino; al limite l’esibizionismo di Silvio, ovvero quello nazionalpopolare.

Sì, perché, tra marcette e cloni dei cloni, quel che resta in piedi del Festival è che rappresenta l’Italia perfettamente, proprio quanto l’amatissimo e odiatissimo ex presidente del Consiglio. Nessuno spazio per le novità reali. I giovani sono tesserati. Gli Almamegretta ci arrivano due decenni dopo. Addirittura Giovanardi per l‘occasione, in passato, ha riesumato i La Crus, in modo da accedere ai big, pubblicando un disco solista poi, ma facendo finta di aver fatto pace con gli amici pur di salire sul quel palco. Le coalizioni partitiche non fanno lo stesso?

Il festival è una salvezza, un po’ come Silvio: una merda che ammette di esserlo, una merda palese. L’età media dei telespettatori è di 52 anni, quelli che guardando la tv credono di essere informati. Intanto fuori si muove una nutrita schiera di cantautori che lì non arrivano o non arriveranno mai. Altrimenti perché Colapesce sarebbe rimasto fuori? Altrimenti perché Dente o Brunori non ci pensano neppure? Magari ci andrà Giuliano Palma, che la leader mondiale di settore discografico sono tre anni che vuole rivendere a noi giornalisti come una novità. Mo’ lo hanno spogliato dei Bluebeaters e dunque manca poco. Tra l’altro la giuria critica se la berrà, figurarsi che vota come il pubblico, per le stesse canzoni, compresa quella mazurca di Max Gazzè scelta invece dell’altra, che era parecchio più bellina e meno Banda Bardò.

Ha detto bene Elio: gli interessa arrivare quarto, perché oltre al podio sono tutti quarti. Tra l’altro chi vince non importa, come alle elezioni: l’importante è dargli da mangiare; altrimenti che farebbero? Mentre scrivo, c’è Albano che canta “Felicità”, tipo Toretta Style con Luzy ai piatti.  Ci resta un bicchiere di vino, con un panino e nessuna speranza, se non la confortante apparenza che nulla cambi davvero. Insomma, fino a qui tutto bene, fino a qui tutto bene, fino a qui tutto bene; predicano sole e cuore e ci ridanno indietro l’odio. I loro giovani muoiono. È San Valentino e non ci ama nessuno, altrimenti avremmo una busta paga, buona musica, un mutuo, insomma la contemporaneità che invece c’è negata. Almeno ridateci i fiori: crisantemi, please…

Stefano Cuzzocrea