Rza: the man with the iron sound
di 2bePOP - 18 dicembre 2012
Uno scambio di favori. La logica della clientela è imperante. Alla faccia di chi pensa che sia una brutta abitudine tutta italiana. Quentin Tarantino avrà pure un cognome che profuma di pizza e mandolino ma è americano e di lavoro fa il regista, se qualcuno non se ne fosse accorto. Ebbene per s invece si occupa della produzione. Non sarebbe neppure una primissima volta e non ci sarebbe nulla di strano o di così corrotto, se non fosse per il fatto che il film è scritto e diretto da Rza. Sì, quello del Wu-Tang Clan, ovvero la posse, o crew che dir si voglia, che nei primi 90, anzi da primi 90, ha rivoluzionato un po’ l’ambito rap.
Il beat maker, difatti, aveva già creato una colonna sonora per mister Pulp cose, in occasione di Kill Bill e adesso vuole che il regista gli paghi il conto. La pellicola è ambientata nell’antica Cina feudale, cosa alquanto scontata considerato che i Wu non hanno fatto mai mistero delle proprie affinità con l’oriente e le arti marziali, al contrario: ci hanno costruito un’intera e fortunata fatta di cd, dischi, videoclip e cose, parecchie cose.
Del film, al momento, non ce ne frega molto, visto che deve ancora uscire e che potrebbe anche farci vomitare. I pregi dell’operazione, però, ci sono eccome. Il primo è quello di essere diretto da un tale Robert Fitzgerald Diggs, dando un nome ad un tizio che sembrava si chiamasse solo di tre consonanti. Poi c’è il tormentone che esce fuori dalla trama: “Qual è uno degli elementi basilari per forgiare un’arma? Semplice: qualcuno che ha seriamente intenzione di uccidere”, che riduce tutto ad un’essenzialità che pur sembrando banale non lo è affatto. W il clan allora. Anche perché la colonna sonora è nu babbà.
Dentro c’è il finimondo. A parte i beat ai quali Rza ci ha abituato, costruiti con campioni presi chissà dove e frantumati e assemblati fino a costruire altri orizzonti del funk, ci sono ospiti su ospiti. Le basi, uscite fuori dal circolo vizioso dell’essenzialità degli esordi, si colorano di mille toni, con un’aggressività metrica e schegge di soul che fanno urlare golden’era a chiunque sia in sintonia con l’intera faccenda. E un po’ di nostalgia non vuol dire essere conservatori.
A parte gente che sta benissimo in ambito rock, rock come i Black Keys, ci sono una bella carrellata di nomoni del pop e del soul, come il gruppo femminile The Revelations, Tre Williams, Corrine Bailey Rae oltre a vecchie stelle come Mabel John e 24 Carat Black. E i rapper niente? Macché mica poteva farne a meno sto geniaccio. in una sola traccia, un pezzo di quattro minuti e pochi secondi, è ci sono M.O.P., Ghostface Killah e Pharoahe Monch, quattro colossi di New York tutti assieme appassionatamente. Il pezzo si intitola Blackout, è prodotto da RZA stesso. E poi combination tra Method Man e Freddi Gibbs, o fra Joan Ortiz e Reakone, in poche parole, citando proprio una produzione tarantiniana: cazzo, che botta, che botta, cazzo. Il disco vola sul web ed è pure in streaming. E vale già il film.
Insomma di Russel Crowe, Cung Le, Lucy Liu, Byron Mann, RZA, Rick Yune, David Bautista e Jamie Chunge dei cinesi in genere potrebbe anche non fregarcene davvero una minchia, ma tutta la vicenda è invitante. Se tutto il clientelismo fosse così.
Stefano Cuzzocrea