Riscoprendo Tondelli
di 2bePOP - 11 gennaio 2013
Ho iniziato ad apprezzare Pier Vittorio Tondelli come cronista e osservatore di mode, modi e tic tipici della modernità degli anni 80. Lo leggevo sulle pagine di Rockstar, curava la rubrica Culture Club. Attraverso i suoi appunti di viaggio mi sono teletrasportato nelle sale di attesa degli aeroporti di più città europee con gli Smiths a farmi compagnia nel walkman. Ho vissuto le serate nei club di Amsterdam e Berlino, sorseggiato drink nella Ibiza non ancora votata alla house ma paradiso dei freak e della libertà sessuale, sempre facendo tesoro dei suoi articoli. Ho condiviso con lui, ma per davvero stavolta, la Firenze capitale europea della cultura e dei party esclusivi del Pitti anni 80.
Soltanto successivamente ho scoperto il Tondelli scrittore. Mi hanno prestato questo libro del 1980, intitolato Altri Libertini. Tondelli stesso lo aveva definito un romanzo ad episodi episodi. Un magistrato ne aveva disposto il sequestro e la distruzione ritenendolo “luridamente blasfemo”, ed un destino simile era toccato soltanto ad Ultimo Tango a Parigi, tanto per intenderci.
Nessuno, però, aveva ancora raccontato in quel modo i giovani italiani degli anni settanta. Quelli della rivoluzione culturale messa in atto dagli esclusi dalla società del compromesso storico. Una gioventù in fuga da tutto che sognava che viaggiava verso un Nord Europa libero dalle gabbie culturali della provincia italiana. Per quanto Tondelli non ricorresse ad alcun sotterfugio linguistico per descrivere rapporti omosessuali e la centralitá della droga, Altri Libertini non è soltanto questo o uno sdoganamento dell’eroina: è un vasto campionario di tematiche e caratteristiche linguistico-strutturali che lo rendano uno scritto senza tempo.
Mi stupisce che si parli così poco di Tondelli: è stato un artista seminale e generazionale. Attraverso il progetto- laboratorio Under 25 ha dato luce e scoperto Giuseppe Culicchia e Silvia Ballestra, oltre ad altri scrittori della generazione, ai tempi, definita Pulp, che gli devono tanto difatti.
Ma tutti noi che, per diletto o per lavoro, scriviamo di contemporaneità e senza mezzi termini o censure morali gli siamo debitori. Questi pensieri, a ventuno anni dalla sua morte, non vogliono spingere ad un inutile revival. Esiste, per fortuna, una generazione post-tondelliana che popola pagine reali e virtuali, ed è a volte rinvenibile in qualche Tweet. Se non lo avete fatto, se non lo conoscevate potreste provvedere ed iniziare a scavare nel post-modernismo rock italiano; vi invito a leggere Un Week End Post Moderno, album-raccolta di reportage ed articoli scritti da lui per alcune riviste dell’epoca. Storia e stile.
E per testimoniarlo chiamo in causa proprio Tondelli, con un copy & past che fa tanto cultura under 25: «Scrivete non di ogni cosa che volete, ma di quello che fate. Astenetevi dai giudizi sul mondo in generale (ci sono già i filosofi, i politologi, gli scienziati ecc.), piuttosto raccontate storie che si possano oralmente riassumere in cinque minuti. Raccontate i vostri viaggi, le persone che avete incontrato all’estero, descrivete di chi vi siete innamorati, immaginatevi un lieto fine o una conclusione tragica, non fate piagnistei sulla vostra condizione e la famiglia e la scuola e i professori, ma provatevi a farli diventare dei personaggi e, quindi, a farli esprimere con dialoghi, tic, modi di dire. [...] Raccontate di voi, dei vostri amici, delle vostre stanze, degli zaini, dell’università, delle aule scolastiche. Ricordate che, quando vi mettete a scrivere, state facendo i conti con un linguaggio fluido e magmatico che dovrete adattare alla vostra storia senza incorrere nello stile caramelloso della pubblicità o in quello patetico del fumettone. Il modo più semplice è scrivere come si parla (e questo è già in sé un fatto nuovo, poiché la lingua cambia continuamente), ma non è il più facile. Non abbiate paura di buttare via. Riscrivete ogni pagina, finché siete soddisfatti. Vi accorgerete che ogni parola può essere sostituita con un’altra. Allora, scegliendo, lavorando, riscrivendo, tagliando, sarete già in pieno romanzo».
Francesco Sapone