Postumi da epifanie
di 2bePOP - 7 gennaio 2013
Aria nuova. Era il solito Natale, eppure tutto è cambiato. Mentre le feste impazzano, restare in un angolo è istruttivo, almeno alcune volte.Sembra tutto così paradossale. Ma se è da mesi che Paolo Fox sostiene che Giove opposto fa danni al Sagittario, fin da giugno, ed io non smetto di spalarmi merda da dosso, in effetti, tutto è possibile. Com’è, non credete agli oroscopi ma verificateli? Dunque, esofagite da reflusso, un licenziamento, crediti per 4.000 euro che non rientrano, un’ernia iatale da scivolamento e un braccio ingessato per via di una frattura al capitello radiale, ovvero una di quelle ossa che non conosce neppure alcun patito de l’allegro chirurgo, sono il riassunto degli ultimi due mesi.
Come uscirne? Il bicchiere va visto sempre mezzo pieno, sennò resta la sete ancor prima di bere. Ebbene, per via della patologia di cui sopra, non bevo una birra dal giorno nel quale i Radiohead hanno fatto finta di essere i Vasco Rossi, a Roma, la penultima settimana di settembre. Ora mi faccio di tea, canto e così trapasso delle sbornie e dei più bei dì pisciando a volontà. Per fortuna resta la fila per il bagno, il mio momento di aggregazione preferito; del resto ho rimorchiato più aspettando il mio turno lì di quanto abbiano fatto i miei amici in fila sulla Cristoforo Colombo pagando tra i 30 e i 50 denari, porco Giuda. Poi loro sono diventati i più giovani tesorieri nella storia dei partiti politici italiani, oltre ex miei amici, mentre io sto ancora in fila e quasi me la faccio sotto, per la paura però.
Sono tempi bui. Tanto bui che buio please è diventato l’imperativo che ci è rimasto per sentirci oltre Dover, lì dove le T sembrano bianche scogliere nei pressi, appunto, di San Lucido. Non bevo più. Ed è una figata. Non è che sia redento, ma ho il tempo di constatare quanto ci siamo persi di vista. Le sedie del pub portano il nome di Paolo, Francesco, Antonio, Pino, oltre che le impronte dei loro culi e la forma del rispettivi portafogli, sempre più assottigliati a mano a mano che l’entusiasmo festivo avanza, in maniera inversamente proporzionale allo stomaco. Mi pare giusto così: colmare i vuoti con liquidi e solidi è l’unico modo per non sentirsi completamente vacui. E Intanto si parla di politica, o forse mo’ si chiama economia? E di tutte quelle riduzioni che da Tremonti ne fanno venire Monti, sempre nell’ottica della fiction imperante o imperiale costruita sul modello televisivo.
Resto in un angolo. Il mio dj mette tutte le porcate che le mie compagne di liceo più ardite ballavano alle feste dei nostri 14 anni. Detestavo quelle hit già 20 anni fa e ho diverse psicopatologie ma non la nostalgia. Ma ho visto ex freakettoni che spacciavano erba ottima dimenarsi al ritmo di Please Don’t Go oggi, quasi per tentare di recuperare tutte le scopate che si erano persi tra cartine e filtro quando farsi le canne era motivo di emarginazione. Erano i tempi della Jervolino-Vassalli, ma Mortati e la sua Costituzione Materiale sono passati di moda, mentre il prezzo del thc si è uniformato a quello degli altri beni di consumo con il caro-euro, con l’unica differenza di essere ancora, ipocritamente, illegale. Sarà per questo che il mio dj oggi crede che Yerba del diavolo di Datura sia il futuro della discoteca?
Ecco, L’unica serata nella quale ho goduto davvero era intitolata proprio così. Sullo schermo capeggiava la scritta Buio Please. Andy Stott era il sottofondo dell’attesa. E poi tutta future garage fino alle 4 del mattino. Sembrava Berlino ma era giusto un locale più bellino, riadattato alle esigenze di una ciurma di ragazzi che sono costretti al rifiuto del pubblico. Eppure la festa è riuscita. A Natale puoi, come reclamizza lo spot.
Stefano Cuzzocrea