Nel canale di Sicilia risuona il mito di Drexciya
di 2bePOP - 3 ottobre 2013
Quali sono le banalità? Le frasi fatte, ad esempio, potrebbero esserlo, ma come negare che la storia si ripete? Il lutto di queste ore nel canale di Sicilia, l’ennesimo ma anche il più crudele, fa tornare in mente il percorso di Drexciya. Chi ignora cosa si celi dietro questo nome ha perso anni di epica musicale impareggiabili, almeno concettualmente, eppure, magari, è uno di quei trendy appassionati di techno, perché cambiano le modalità, le tendenze, i luoghi, gli avvenimenti ma purtroppo, come si diceva, la storia si ripete.
Di certo è più noto il mito di Atlantide. Ecco, partiamo da lì. Non esiste, in ipotesi, una sola città sottomarina: nelle visioni concettuali e musicali di James Stinson, si celebra un’altra civiltà cresciuta negli abissi. Una popolazione di uomini che il darwinismo ha dotato di branchie. Sono arrivati lì giù perché, trafugati dall’Africa: venivano portati come schiavi in America a bordo di navi che, talvolta, affondavano. Feti figli di madri affogate nello sprofondare della civiltà. Nascituri nutriti dal sale e dalla fantasia, come dalla voglia di riscatto. Uomini-pesce che riporteranno una civiltà stuprata lungo i verdi pascoli della storia alla quale sono stati negati. Abitanti di Drexciya: agglomerato di storia, fantasia, futurismo, electro e techno.
Strano poi come il picco più alto dell’opera umana legata al futuro della musica si colleghi al passato e, oggi più che mai, anche al presente, in coincidenza con i picchi più bassi della nostra civiltà. Nuovi e vecchi schiavi, che sprofondano in sogni e visioni, nell’egoismo di una disparità economico-sociale alla base di quello che, per qualcuno, è equilibrio tra il suo e il nostro mondo. Trend che ricalcano il passato senza curarsi realmente del suo valore didattico e degli insegnamenti mai appresi davvero. Drammi che restano pertinenti ad una lacuna sola: l’abisso tra il sommerso e l’emerso in ambito etico, economico e sociale. Mode che pur mutando non cambiano le tendenze.
Oggi la trilogia techno-epica di Drexciya suona più che mai come contemporanea. E il tasto play in sync con quello di invio sono il tentativo di alzare il volume di quella U.R., resistenza undground, della quale siamo figli, ma ormai anche padri in fieri, e testimoni non privi di responsabilità. Il resto è cronaca di drammi annunciati. Il resto è redenzione epica. Un’altra civiltà sognata, nel profondo. Mentre la nostra fa acqua da tutte le parti.
Stefano Cuzzocrea