Latte & Sangue, conversazione ad ampio raggio sul rap e dintorni con Don Diegoh e Ice One
di Francesco Sapone - 6 ottobre 2015
2bePOP è anche un po’ casa di Diego Lechiara a.k.a. Don Diegoh. L’idea di quell’h in fondo al nome è anche figlia di chi vi sta raccontando l’incontro settembrino con il rapper crotonese e Seby Ice One. Latte & Sangue è in uscita, è già stata pubblicata la tracklist e la copertina realizzata dal nostro Roberto Gentili. Il disco è dedicato anche a Stefano Cuzzocrea, che mi presentò Diego circa dieci anni addietro chiedendomi di consigliarlo legalmente per un problema di omonimia con un dj techno. È così che venne concepita quell’h distintiva, è così che nacque una lunga amicizia sulle solide fondamenta di una casa chiamata 2bePOP.
Fa caldo come se fosse ancora agosto e l’entusiasmo di Diegoh di parlare del suo nuovo lavoro è incontenibile.
“Per me sono cambiate moltissime cose, nel mio modo di vedere la musica e principalmente nel mio modo di farla. Dopo l’uscita di Radio Rabbia ho trascorso un lungo periodo senza scrivere nulla di nuovo, ma in realtà ogni giorno cercavo di capire quali erano le cose da migliorare dal punto di vista lirico. L’obiettivo era cambiare quasi tutto, ‘asciugare’ il più possibile le metriche e usare le parole giuste. Poche e d’impatto.”
Credi che Radio Rabbia, disco precedente n.d.r., abbia in qualche modo favorito una sorta di maturazione e di consapevolezza diversa anche grazie ai tanti live con Ice One ai controlli?
DON DIEGOH: Tra un live e l’altro (da settembre 2013 abbiamo iniziato a girare assieme in lungo e largo), passavo interi pomeriggi in studio con Seby a sentire i suoi beat. C’è voluto un po’ di tempo prima di individuare l’amalgama necessaria a stendere i pezzi. Fortunatamente, oltre a farmi sentire le basi Seby passava con una pazienza incredibile intere ore a spiegarmi la sua visione di musica per farmi ragionare su alcuni aspetti che fino a quel momento non avevo mai valutato. Nel tempo si è creato il mood giusto e sono arrivate le canzoni.
ICE ONE: Personalmente ho amato molto l’album Radio Rabbia. Trovo il lavoro di Mastrofabbro molto maturo e con un’impronta ben definita: è stato molto utile conoscere bene Radio Rabbia per creare un sound originale tenendo conto del background di Diego. L’intuizione principale è stata quella di lavorare palleggiandoci il lavoro, trovando sintonia dove potevamo e sospensione del giudizio nelle zone a noi sconosciute.
Io ho dato i beats in fase seminale a Diegoh che ci ha inciso le voci, per poi rilavorare i beats dopo, avendo le voci, ed impreziosendo dove possibile le rime, con accorgimenti musicali un po’ lontani dalla logica del loop a tutti i costi.
Devo dire che c’è stato un flusso di fiducia reciproca tra me e Diegoh, che ha dato secondo me i suoi frutti. Nello specifico per quanto riguarda me il risultato che volevo raggiungere in questa sinergia l’ho raggiunto senza avere dubbi di sorta. Volevo un suono che rappresentasse le mie radici.. poi il mio percorso…ed anche una botta di presente e futuro messi insieme.
Usare le skills da musicista insieme con quelle di beatmaker è sempre stato un mio pallino fin dall’inizio della mia storia personale, e qui ho reso in pieno quello che al momento per me rappresenta questo concetto.
Ritengo che tu sia riuscito grazie al lavoro e alla ricerca continua a ritagliarti un tuo spazio molto personale ed originale all’interno della tradizione rap calabrese, fatta di gente importante come Lugi, Kiave, e Turi per citarne solo alcuni. Non era facile visto che molto già è stato detto e fatto e soprattutto evitando il rischio di emulazione/imitazione.
DIEGOH: Provenire dalla stessa Regione di gente come Luigi, Salvatore, Mirko, Macro, per me da sempre vuol dire proporre un certo tipo di Rap che si avvicini il più possibile al livello da loro raggiunto. Studio per questo, ci metto tutto me stesso per questo. Non mi sono mai paragonato a loro, ma nel tempo ho avuto l’occasione di confrontarmi spesso e in alcuni casi di lavorarci anche assieme. Questo mi ha portato ad assorbire i loro consigli. Fondamentalmente mi hanno visto crescere (Kiave in primis) e hanno sempre dedicato attenzione alle mie cose. Pertanto, io cerco di seguire un mio percorso ma nel rispetto di un filone (quello calabro) che ad oggi è uno dei più rappresentativi nello Stivale.
In un momento così difficile per il mercato discografico , dopo averci messo tanta passione e dedizione è lecito chiedervi cosa vi aspettate da questo album.
DIEGOH: Che l’amore e l’impegno profuso in ogni singola canzone arrivi, tramite le cuffie o tramite un impianto a chi ha fame di musica.
ICE ONE: Le mie aspettative sono molto semplici. In genere affido il destino di un disco, in mano alla gente che ci segue. Alla fine suoniamo, componiamo e registriamo per far conoscere il pensiero di molti filtrato attraverso la musica e le rime. La sfida è rendere emozioni, suoni e pensieri, universali. Se ci siamo riusciti suoneremo tanto…ed è la parte che mi piace di più.
Vorrà dire che saremo riusciti a dare alla gente non quello che vuole, ma quello che gli serve, perchè “quello che vuole” avrà una durata nel tempo relativa alla durata del desiderio; “quello che gli serve” durerà molto di più ed avrà un utilità ed una funzione che nel tempo verrà spiegata dal pubblico stesso. Inoltre non ho mai creduto in quell’Hip Hop che si professa duro e puro e fa le cose solo per stesso. L’onanismo musicale non fa per me e genera solo divisioni.
Fin da Radio Rabbia ho sempre avuto l’impressione che il tuo rap, il tuo suono, così come certe liriche fossero molto legate e figlie di quello degli anni 90 e quindi ai capisaldi del rap italiano. Sarà forse anche per la vicinanza con il Colle o con le stesso Ice One che trovo del resto molto naturale.
DIEGOH: In qualche modo è vero. Simone (Danno) del Colle ha seguito questo disco dalla sua genesi fino al giorno in cui lo abbiamo terminato, con un entusiasmo che per me è stata linfa vitale. La sua partecipazione all’interno è dunque, in qualche modo, speciale perché ho percepito una forte stima nei confronti di quello che stavamo facendo. Anche Massimo (masito) e Baro ci sono stati molto vicini, in diverse fasi. Io in qualche modo sono figlio della roba fatta in Italia e negli Usa durante la Golden Age, anche se nel tempo ho allargato i miei orizzonti. “Latte & Sangue” vuole essere – e credo che ciò si evinca dai testi – un tributo ad un determinato tipo di visione musicale. Un voler sottolineare che tutto si muove in avanti, ma certe cose non cambiano mai. I gruppi che hanno fatto la storia nei Novanta continuano a fare la storia negli anni Duemila perché hanno saputo evolversi con intelligenza senza snaturarsi. Ecco, questa è per me la strada da intraprendere.
Senza volere approfondire troppo e quindi innescare polemiche vecchie e sterili ma, comunque, approfittando del vostro sapere e della vostra militanza, in tempi così difficili per la musica italiana quando invece tutto sembra sorridere ad certo tipo di rap, volevo chiedervi se pensate che il successo e lo sdoganamento del rap mainstream abbia in qualche modo favorito l’underground.
ICE ONE: Lo sdoganamento del rap in generale è un fenomeno di massa, che per certi versi può anche favorire quell’underground intelligente che trova come mezzi di espressione quei palchi che ti avvicinano al pubblico, e che non sono frequentati dal mainstream.
Per me l’artista underground che se la prende con il pubblico dicendo che non capisce niente è fallimentare tanto quanto l’artista mainstream che contando sulle strategie di marketing vessatorie non ha più consapevolezza del proprio valore comunicativo ed artistico e si consola facendoci vedere orologi da 10000 euro al suo polso come se gli orologi o la gioielleria fossero l’Hip hop.
Anche questa moda di scorporare il rap dall’Hip Hop facendoli sembrare cose che si possono separare facilmente fa ridere…e favorisce l’underground. Vedere uno che un in testo ci comunica venti volte che sta fatto, e che non fa Hip Hop ma rap e ne va fiero, per me è come uno sotto t.s.o. che nuota sul pavimento pensando di stare alle olimpiadi.
Inoltre il mainstream liricamente si difende solo dietro punchline ormai sempre più disastrose dove i temi che risaltano di più sono il liquido seminale maschile, quanto scopano, quanto pippano, quanto sono falliti gli altri, quanto sono belli loro etc… chiaramente con la ciliegina che hanno venduto tanto e che hanno fatto più soldi di tutti… che si è un termine di paragone valido sulle vendite sicuramente (tenendo conto che comunque contano su canali informativi molto più populisti e generalisti dell’underground)… ma che li allontana da chi vive la vita veramente con principi reali.
Comunque io il mainstream lo rispetto quando genera cose valide. D’altronde gli artisti che ho amato più di tutti erano sia underground che mainsteam. Per fare un esempio, nella mia valigia di dischi con cui giravo nell’85 avevo sia i Run Dmc che già all’epoca erano mainstream, e i dischi di Marley Marl che uscivano stampati in maniera indipendente in due o tremila copie nel mondo.. e magari sulla copertina dei Run Dmc, nei ringraziamenti c’era tra gli altri proprio il nome di Marley Marl: penso che questo dica tutto…
Non ci resta che aspettare e pare non manchi molto, Tutto Qua: