Il ritorno di Sinéad O’Connor

di 2bePOP - 11 gennaio 2013

sinead_o'connor_2013Un gran ritorno. Sinèad O’Connor sta meglio ed ha già in programma una data in Italia ad aprile. Tutte news che valgono un riassunto delle puntate precedenti, o almeno di quelle recenti, una vita rocambolesca, anzi rockambolesca

La data è già fissata. Il 7/4/2013 la voce femminile dell’Irlanda rock riempirà le sale dell’auditorium Parco della musica a Roma. L’occasione è ghiotta: una band di sei elementi e uno show acustico per presentare, finalmente, il suo How About I Be Me (And You Be You)?, arrivato nei negozi di dischi già dieci mesi fa. Sta meglio. Pare che abbia risolto i propri problemi di salute mentale. E non nasconde ancora una volta il proprio amore per il re del reggae, tant’ è che il tour si intitola The Creazy Baldhead Tour. Lo fa in maniea provocatoria.  Il brano difatti parla del fatto di tenere le teste matte fuori dalla città e lei matta lo è per davvero, se pure ciò rappresenta un incentivo a non perdere l’evento assolutamente, anzi.

«Volevo cambiare il mondo, non sono nemmeno capace di cambiarmi le mutande». Sono parole del cantautore americano John Grant. Ma il testo di Queen of Denmark calza a pennello a Sinéad O’Connor e, magari, avrà scelto di cantarlo proprio per questo. Tra l’altro, anche la hit che l’ha portata al successo mondiale, Nothing Compares 2 You, era una cover presa in prestito all’immenso repertorio del bassino Prince. La storia si ripete? L’impresa è ardua. La controversa star irlandese ha cercato di cavalcare il venticinquesimo anniversario del suo The Lion And The Cobra, un anno fa, tutto qua. Il bis è difficilissimo però. Non è solo il mercato discografico ad essere in caduta libera: sta toccando il fondo anche lei.

Sono anni che non fa più gli scandali di una volta. I tempi delle esibizioni politicizzate, quelle nelle quali strappava le foto di Giovanni Paolo II, sulle note della marleyana War, appartengono al passato remoto. All’epoca, finanche quel gentiluomo di Frank Sinatra dichiarava di volerla prendere a calci nel sedere. Oggi Sinéad fa pena. Ha un’ottima voce. Scrive sempre con trasporto. Ma le sue scorribande sono talmente innocenti da non riuscire a giudicare questo suo ultimo album, How About I Be Me (and You Be You)?, se non trattandola pietosamente. Ma si può ovviare.

Che si sia cresciuti o meno in quel misto di sudditanza e avversione verso il cristianesimo, una personalità disturbata come la sua intenerisce anche i più cinici. Tenta spesso il suicidio. L’ultima volta è successo anche, più o meno, recentemente. Il suo unico vero amico è internet. Dal proprio sito web ha lanciato messaggi come: «Se qualcuno sa come mi posso uccidere, senza che i miei bambini scoprano che l’ho fatto deliberatamente […] per favore me lo faccia sapere, prima possibile». Era il 2001. Poi ha scoperto Twitter. Uno dei suoi primi cinguettii dell’anno è stato una domanda drammatica: «Chi conosce uno psichiatra a Dublino o a Wicklow? Sto molto male e sono in pericolo. Devo assolutamente tornare a prendere le medicine». Le è stata diagnosticata una depressione già undici anni fa.

Un disturbo bipolare in piena regola. Tant’è che dallo stesso social network ha bandito anche concorsi inusuali. Ha cercato marito, ad esempio. E l’è andata anche bene, se pure i requisiti erano parecchio bizzarri («un uomo molto dolce e affamato di sesso, di età non inferiore ai quarantaquattro anni; il candidato ideale dovrebbe avere la barba corta e ispida, non usare asciugacapelli, ne’ gel o dopobarba; non sono accetti uomini chiamati Brian o Nigel»). Eppure ce l’ha fatta. Barry Herridge, conosciuto appunto in rete, è diventato il suo quarto marito. Cerimonia dicembrina, l’8 dicembre 2011, il giorno del quarantacinquesimo compleanno della cantante. Matrimonio rocambolesco, a Las Vegas, finito dopo 18 giorni appena. Capita. Anche se un ritorno di fiamma c’è stato, ovviamente trasmesso via internet al mondo intero: «Indovinate chi ha passato una splendida nottata di sesso con suo marito? » ha chiesto la O’Connor in un twit. A quanto pare, però, il suo amato Bob Marley non le ha insegnato nulla. Se ha scelto il web come proprio migliore amico, Sinéad dovrebbe sapere che il protocollo 2.0 potrebbe essere diventato il suo peggior nemico, oppure non ha mai ascoltato bene il testo di Who The Cap Fit

 

A questo punto è tardi. Gli scandali sono troppi per non eclissare un tantino il contenuto del suo album, lo scorso anno. Anche perché, a parte il folk reggaeggiante di 4th & Wine c’è davvero poco. Una sola perla: quella intitolata Take Off Your Shoes, nella quale a tanti registri vocali corrispondono, a dir poco, il doppio delle emozioni. Struggente. Spirituale. Un solitario, in pratica, in un disco che sembra avere vent’anni, tanto è stantio. E se qualcuno potrebbe giudicare cattive queste parole, inferte ad una donna che si professa inabile anche a cambiarsi le mutande, c’è da dire che l’autrice ha, invece, deciso di togliersele. La sua proposta l’ha già spedita in redazione. Qual’ è il magazine? «Ci sono così tante cose che non mi piacevano, quand’ero più giovane, quand’ero depressa ed irlandese, adesso un servizio su Playboy è una delle cose che vorrei fare prima di tirare le cuoia».

Stefano Cuzzocrea