I suoni dell’arcobaleno
di 2bePOP - 1 febbraio 2013
C’è stato un momento, era l’altro giorno, e c’era mio fratello che entrava di corsa dentro la mia stanza. Mio fratello ha quattro anni, è bello come il sole, e ogni volta che lo guardo è come avere una di quelle epifanie a cuore aperto, non so se hai presente, quei momenti lì dove ti si stringe tutto ma non piangi, piuttosto apri la bocca e ti accorgi che tra i denti c’hai un cuore che sorride. Insomma, c’era lui, piccolo e biondissimo, che entrava di corsa per gridarmi che aveva appena visto uscire fuori un qualsiasi arcobaleno. Ho aperto le finestre, scostato le tende, e succedeva davvero, che in cielo brillavano questi cazzo di raggi colorati, anche se erano le tre del pomeriggio e sul mio calendario c’era ancora segnato, in grosso e blu pastello, il mese di Gennaio.
È uno di quegli inverni strani. Gli esperti direbbero che di mezzo c’è qualcosa di allarmante, i ghiacciai che si sciolgono e la pressione artica. Piogge che il tempo di arrivare, hanno già fatto i bagagli e vanno via. E ti lasciano con questi arcobaleni in cielo, che per lui andranno bene, ma che a me, già dopo un po’, rimangon fermi sui coglioni. Di solito d’inverno, l’unica cosa che consola, è quella di mettere su un disco, di quelli lacrimogeni, e poi morirci appresso. Col tempo che, di fuori, dovrebbe fare ovviamente la sua parte. Ci ho passato pomeriggi interi tra queste quattro mura, a lasciare cantare dallo stereo qualcuno che mi potesse dire le cose giuste e tutto quello che c’era da fare, o, per farsi ancora più del male, piantarmi in petto queste frecce avvelenate di riverbero e delay.
E così oggi, con questo sole che ancora non ne vuol sapere di mollare, ho messo su le lenti giuste, quelle che ho comprato al mare e c’hanno ancora sopra i segni dell’estate più violenta degli ultimi vent’anni. Ho preso in mano un po’ di dischi, e li ho fatti scorrere, ad uno ad uno, nelle casse. Una playlist grossa, di quelle che butterebbero a terra anche un carico d’elefanti, pensa tu quest’anima di latta che rimane sempre ferma e uguale a sé qua dentro. È stata un’esplosione, lividi e speranza, e loro c’erano tutti, in fila, con lo stile che compete a situazioni come questa. C’erano i Belle & Sebastian per la prima volta che mi hanno fatto innamorare, e i Promise Ring per quella che mi fanno di continuo sentir vivo. C’erano i Sonic Youth e “Teenage Dream”. C’erano gli Smiths e già lo sai. C’era il Colle per quando flippo solo hardcore. C’erano Cosmetic e FBYC, Settlefish e Get Up Kids. C’erano gli Altro e i disegni di Ale, ogni volta sempre belli come fosse la prima. C’erano i Tre Allegri e la testa indipendente. C’erano i Massimo Volume e le poesie di Mimì. I CSI. I CCCP.
C’era tutta una vita e un equilibrio, sempre precario, che scorreva davanti. Philippe Petit sul filo steso tra le torri. Il respiro che divora. Ho chiuso giusto in tempo per guardare fuori. A piedi uniti e denti stretti ci lanciamo sopra l’onda di quest’inverno tropicale.
Marcello Farno