FRAC prima del festival, l’intervista agli organizzatori
di Marcello Farno - 17 luglio 2015
Se siete in Calabria il place to be nella prossima settimana è solo uno: un triangolo che nell’alto tirreno lambisce da una parte il mare e dall’altro la montagna. Vertici bassi Praia a Mare e San Nicola Arcella, meravigliose spiagge d’approdo; in alto Aieta, cuore e centro nevralgico della prima edizione del FRAC Festival, nome che, slegato dall’acronimo, esprime in pieno la sua natura: Festival di Ricerca per le Arti Contemporanee. Live act internazionali e performance d’autore, legati lungo un unico filo da un’idea coraggiosa, partorita da due temerari scappati e poi ritornati, come nella più classica delle odissee.
Li abbiamo intervistati per farci raccontare chi sono, dove nascono le idee e le ambizioni del festival, i loro sogni e le loro speranze alla vigilia dell’evento.
Siete già arrivati a dire chi me l’ha fatto fare?
Andrea: (Ride, nda) Ancora no, però ogni tanto ci pensiamo.
Nicoletta: Ogni tanto pensiamo a perchè non abbiamo un progettato un viaggio in Zimbabwe.
A: Esatto, io stanotte guardavo dei link per dei villaggi ecosostenibili in Kenya.
Passiamo alle presentazioni. Chi siete?
N: Mi chiamo Nicoletta Grasso, ho 32 anni, sono nata a Lamezia e al momento sto per inaugurare un Centro di Ricerca per le Arti Contemporanee – CRAC – nella mia città. Abbiamo vinto un bando di finanziamento per start-up e microimprese che ci ha permesso di restaurare questa ex-scuola di informatica che diventerà un centro di residenze artistiche. Io ho fatto il DAMS a Roma e ho iniziato poi a lavorare in teatro come performer, il mio panorama è quello, il teatro di ricerca, le arti visive, però ho sempre seguito anche i festival musicali. Nell’ultimo anno ho lavorato ad Amore, un evento molto diverso da FRAC, che però mi ha permesso di capire dinamiche importanti per affrontare poi l’organizzazione del nostro festival. Dopo tanti anni vissuti fuori ho deciso di ritornare qui, siamo una regione meravigliosa ma anche molto vergine per certi aspetti, mi è sembrato diciamo “doveroso” tornare perchè penso ci sia più necessità di informare, di nutrire l’arte.
A: Io sono Andrea Morello e ho 27 anni. Sono andato via da Lamezia che avevo 17 anni e ho iniziato a lavorare a diversi progetti da subito. Uno di questi è stato Keep It Yours, etichetta discografica e clubnight. Ho poi collaborato anche con diversi festival come Dissonanze, Spring Attitude, MIT, lavorando come assistente di produzione, pr, ufficio stampa. Sono molto contento ora di questo progetto, se non ci fosse stata Nicoletta a spronarmi non so se l’avrei mai fatto, un evento del genere, in Calabria poi, non l’avrei mai immaginato. Ci stiamo mettendo tutto il nostro impegno e speriamo che la nostra regione lo recepisca.
IL FESTIVAL
Nicoletta prima parlava di qualcosa di “doveroso”. Mi spiegate meglio che tipo di necessità avete sentito nel pensare il festival?
A: Guarda, il festival è stato concepito appositamente in riferimento al CRAC – il Centro di Ricerca di Arte Contemporanea, che partirà a settembre – anche per questo c’è questa assonanza nei nomi. È un po’ un contenitore di varie realtà e vari background fusi insieme, da quello dell’arte contemporanea, più vicino alla sensibilità di Nicoletta, al mio, più legato alla musica. Abbiamo cercato di fondere le cose creando un prodotto che possa essere interessante ma non monotono, non sarà solo un susseguirsi di live o solo una serie di mostre, vogliamo stimolare una certa interattività, far sì che i diversi contenuti siano fruibili diversamente, molte installazioni andranno godute e partecipate attivamente.
Avete avuto dei punti di riferimento, delle ispirazioni?
N: FRAC in realtà è un mix di ispirazioni, la prima che mi viene da citare è l’esperienza di Dissonanze…
A: Dissonanze senza ombra di dubbio è stato uno dei festival italiani meglio riusciti degli ultimi anni, vuoi per noi che l’abbiamo vissuto direttamente, vuoi per mille motivi, è un bel metro di paragone. Ovviamente non vogliamo accostarci ad esso, però sicuramente ha influito sui nostri percorsi e anche sul nostro immaginario.
N: Ce ne sono anche tanti altri, non solo in ambito musicale, ti direi Romaeuropa Festival, o anche Fies Factory, un festival di ricerca per le arti contemporanee che si svolge in Trentino, o ancora il roBOt, non solo per quel che riguarda la musica ma anche per un certo tipo di ricerca che fa sulle arti visive. Abbiamo cercato di prendere il meglio di tutte queste esperienze, mettendoci la nostra visione. Avremo a disposizione un palazzo di 3000 m² e ognuna delle sale e delle salette della venue sarà occupata da un artista diverso.
A: Personalmente poi siamo felicissimi di avere Ghostpoet come headliner, è uno di quegli artisti che abbiamo sempre ascoltato e sognato di avere. La prima volta che l’abbiamo visto eravamo insieme al MIT, capisci che c’è un anello di congiunzione con quello che ti dicevo prima.
Qual è la cosa più importante che avete imparato in questi mesi di produzione?
N: Ad organizzarci per tempo, a fare una pre-produzione molto importante. Stiamo lavorando a questo progetto da dieci mesi e ce la stiamo mettendo veramente tutta e speriamo di avere un bel riscontro. L’idea è quella di costruire un festival dal respiro internazionale nella nostra terra che diventi un punto di riferimento per chi viene da fuori.
Quante persone lavorate al festival tra organizzazione, assistenti e volontari?
N: Abbiamo stretto un patrocinio con il DAMS dell’UNICAL, quindi abbiamo sei tirocinanti che ci aiuteranno durante il festival. Poi ovviamente ci siamo noi più altre due persone, che siamo il team operativo, e poi tutta una serie di altro staff che collaborerà con noi i giorni del festival: assistenti di produzione, stage manager, volontari… conta 20-25 persone.
La domanda più importante: come si sostiene economicamente il festival?
A: Il festival è totalmente autofinanziato, ci sono una serie di partner tecnici che ci stanno dando una grossa mano: RedBull, Rubbettino, Lanificio Leo, Despar, etc., ma per il resto è interamente autoprodotto. L’anno prossimo speriamo di avere più sponsor, sia per abbassare i costi che per alzare il livello dell’artistico.
LA LOCATION
Come ci siete arrivati ad Aieta?
N: La ricerca della location parte un anno e mezzo fa, sono andata in Regione e ho chiesto consigli su dove poter organizzare un festival del genere. Un aiuto molto importante è arrivato dall’ex assessore alla cultura, Mario Caligiuri, che mi ha fatto visitare tantissime location, molto varie. Ricordo ancora la prima volta che sono arrivata al Palazzo Rinascimentale di Aieta, sono rimasta folgorata, è meraviglioso. Ho immaginato da subito tutto il palazzo pieno di installazioni, ho immaginato gli stessi artisti che avrebbero esposto opere e lavori all’interno del palazzo, è stata un’epifania.
A: Immagina di vedere un palazzo dove accanto a degli affreschi pazzeschi puoi trovare un’installazione interattiva di Pfadfinderei. È una location che non poteva non essere sfruttata.
Il Comune vi sta sostenendo?
N: Ci ha patrocinato ovviamente e ci sta aiutando dal punto di vista logistico. Tieni in conto che Aieta è un comune molto piccolo, fa 800 abitanti, per certi versi sono impreparati a un’utenza del genere, però ce la stanno mettendo veramente tutta.
A: Anche al comune di Praia a Mare sono stati molto disponibili, entrambi i comuni ci hanno dato un appoggio molto importante, gli siamo super grati per questo.
La riuscita di un festival passa anche dal grado di coinvolgimento del territorio. Ad Aieta i cittadini come rispondono?
A: Gli abitanti di Aieta sono quasi tutti over 50, alla fine non possiamo contare sul loro coinvolgimento, è molto difficile. Quello che stiamo cercando di fare è veicolare al pubblico questa idea del viaggio-evento, è una prospettiva molto interessante, di giorno te ne vai al mare e la sera hai i contenuti del festival, speriamo la gente non si impigrisca.
N: Abbiamo organizzato il festival dove noi vorremmo andare, in maniera tale da tenere alta l’attenzione dello spettatore dall’inizio fino alla chiusura. Ci siamo immaginati spettatori, ci siamo chiesti: Cosa vorremmo vedere noi? Come vorremmo che fosse? Facciamolo così.
Come saranno divisi gli stage?
N: C’è una corte esterna dove sarà allestito il palco principale, all’interno poi c’è una sala, che abbiamo ribattezzato “Sala Grande”, uno spazio bellissimo, con pavimenti di legno, travi a vista, dove allestiremo la performance dei Quiet Ensemble. Nel resto del palazzo, che è su due piani, avremo le installazioni degli altri artisti, e poi all’interno tutte le altre aree: merchandising, drink, food.
A: Insomma si può bere, mangiare, fare shopping, godere di performance, ascoltare musica, si può fare un po’ tutto.
Mentre per la domenica, il 26 luglio, lo scenario cambia totalmente…
N: Esatto. Abbiamo strutturato il festival in maniera da avere due giornate più impegnate, venerdì e sabato, dove si potrà assistere a live e installazioni dalle 19 alle 6, e quindi abbiamo pensato di concludere il festival in maniera più ludica, diciamo così. Per la giornata di domenica la location sarà la spiaggia di San Nicola Arcella, nei pressi dell’Arco Magno: sarà un party in spiaggia, dove il pubblico potrà permettersi di farsi un bagno mentre ascolta un djset.
A: Sarà una festa di liberazione. Alla fine facciamo un grande fuoco e bruciamo tutti i flyer (ridono, nda).
LA LINE-UP
Avevate le idee chiare sin dall’inizio?
A: Per quel che riguarda la parte musicale del festival abbiamo iniziato facendo una lista di nomi, di ipotesi. La prima lista comprendeva già Ghostpoet e Voices From The Lake, e siamo estremamente soddisfatti di esserli riusciti a portare. Assieme a loro all’inizio abbiamo vagliato un sacco di nomi, abbiamo provato a portare Jessy Lanza, che è uno dei nostri pallini, che però è canadese e non era in tour in Europa. Avevamo tutta una lista di nomi che potevano funzionare ed altri a cui ci siamo aperti dopo.
N: Alla fine la line-up coincide totalmente con quelle che erano le idee di partenza. Ad eccezione di Jessy Lanza.
So che è difficile farvi scegliere, ma i tre highlights del festival?
N: Verrebbe spontaneo nominare gli headliner, se dovessi scegliere proprio tre live/performance da consigliare però direi Franz Rosati, Plaster e sicuramente Quiet Ensemble.
A: Io consiglierei sicuramente i Quiet Ensemble, sono imperdibili, soprattutto per chi non ha mai visto una loro performance. Però tutti, e credimi tutti gli artisti, in realtà corrispondono al nostro gusto, quindi non farci scegliere (ridono, nda).
Esiste secondo voi un pubblico da FRAC Festival?
A: Secondo me avere un pubblico settoriale con questa lineup è un po’ pretenzioso, il target può e deve essere più vario. Crediamo fortemente che per la riuscita di questo festival ci debbano essere un po’ di persone che non conoscono nemmeno uno dei nomi che sono in line-up. La grande scommessa è questa, incuriosire un pubblico che non ha perfettamente idea di quello che andrà a vedere.
C’è già una wishlist pronta per il prossimo anno?
N: Sì, ma non vogliamo esporci per scaramanzia, noi siamo troppo ingenui a volte, poi le cose ci si ritorcono contro.
A: Più che i nomi per il momento ti possiamo dire che quello che vogliamo fare è utilizzare altre location ad Aieta. Ad esempio una chiesetta che è in una grotta, che è molto interessante, o ancora una chiesa sconsacrata che sta in cima al paese, dove si potrebbero prevedere performance, etc. Il paese è tutto a misura d’uomo, visitabile a piedi, ci si muove agilmente, quindi questa è una cosa che sicuramente faremo.
Chiudiamo con l’augurio, il complimento più bello ricevuto finora.
A: Direi quello di Ghostpoet, ha visto le foto del posto, della location, ed è rimasto folgorato. Ci hanno detto che è super fomentato all’idea di scendere e trovare quel mare pazzesco. Sono cose che qui arrivano con più difficoltà però quando arrivano valgono il doppio. Un po’ come FRAC.