Tricky tra le macerie del muro in nome di False Idols
di 2bePOP - 18 febbraio 2013
Tutti lì. Ieri, il figlioccio Sean Lennon ha portato a Berlino anche la sua matrigna Yoko Ono. La scorsa notte, al teatro Volksbuhne, lei ha, difatti, spento le candeline, in un concerto-evento, con una Plastic Ono Band rinnovatissima, visto che sul palco c’erano, tra gli altri, il chitarrista dei Wilco Nels Cline, la polistrumentista dei Cibo Matto Yuka Honda e una schiera di ospiti che spaziava dal leader dei R.E.M. Michael Stipe a Rufus e Martha Wainwright fino a Robyn Hitchcock.
Perché proprio in quella città? Sean dice che è la passione di mamma sua. E già, perché culona o non culona, citando San Silvio, corrono tutti verso quelle parti. Le case costano poco, la vita ancora meno, gli stipendi sono più alti rispetto a molti Paesi d’Europa e tutto questo amplifica e dilata una grande qualità di Berlino: la libertà.
Del resto, prima di arrivare là i Depeche Mode erano una bubble gum band di sbarbatelli che non aveva mai assaporato il sesso come si deve, e neanche i Kraftwerk se vogliamo. E Bowie? Lui e Iggy si sono accoppiati in cinque dischi da favola proprio in quelle strade, dietro quel muro che non c’è più, cambiando le sorti dell’intera storia del rock. Tra l’altro i due saranno i protagonisti di un film che racconta quei giorni, ma questa è un’altra storia e la racconteremo più in là.
La news, adesso, è che pure un altro personaggione approda lì. L’eclettico Tricky molla la londinese Domino Records e firma con la berlinese K7. Perché? Phil Howells , A&R della laebel spiega la cosa in questo modo: “Siamo in grado di mettergli a disposizione un team e la nostra rete di distribuzione mondiale, per aiutarlo a lanciare sulla sua nuova etichetta nuovi e freschi talenti creativi; questo accordo mette a disposizione di Tricky il meglio di due mondi: una totale libertà creativa e un enorme supporto da parte nostra”.
E, difatti, la novità non è ne’ il contratto e ne’ un cambio di residenza, ma la nuova etichetta fondata da Tricky, la False Idols, che già dal nome è l’ennesimo guizzo di lucida follia di questo eclettico e geniale eroe del pop.
Belle premesse insomma. Tra l’altro, a sentire lui, non si tratta di una label personale e neppure di una cosa legata semplicemente alla musica: “Con la Island avevo vera libertà e contava solo la musica. Negli ultimi anni, invece, avevo un contratto discografico ma la mia visione e i miei obiettivi non erano gli stessi dell’etichetta: si trattava solo di business e di procurarsi i soldi per pagare l’affitto. Associarmi a K7 mi ha riportato ai tempi in cui contava solo la musica, e il mio nuovo album lo dimostra. Avere idee e non poterle portare al pubblico è una delle cose peggiori che possano accadere a un artista, e ora posso tornare a essere me stesso. Non sono fatto solo di musica: ho altre idee anche nel campo delle arti visive, della grafica e della scrittura in più in generale. Le persone sono fatte di molte cose a cui bisogna lasciare uno spazio di espressione. Intorno a me ho tanti grandi talenti, artisti che amo e che rispetto. Con False Idols permetterò loro di mettere in mostra il loro talento senza restrizioni”.
Insomma in base al suo credo tocca avere fede. E poi come si fa non credere ad uno che si professa da principio un falso idolo? L’onestà è più rara dei ciucci che volano, di questi tempi. Anzi pare che anche i ciucci che non volano rischino l’estinzione.
Stefano Cuzzocrea