Diario di un Tano: l’ultima postilla
di 2bePOP - 14 aprile 2014
Amici e amice, care e cari, elettori ed elèttrici,
Spero non me ne vorrete, ma mi pare urgente, impellente, assolutamente necessario aggiungere un post scriptum alla postilla al Diario di un Tano di pochi giorni fa, nata dopo l’arrivo del personaggio del momento, Matias.
Riassumo per i distratti. Matias è un amico d’infanzia di Agustín, di Buenos Aires. Vivono nello stesso quartiere, Villa Crespo, e in questi giorni è di passaggio a Parigi. Sta facendo un viaggio finanziato da Israele, da associazioni di filantropi ebrei e da organizzazioni culturali varie. Gli pagano il 90 per cento del biglietto, a condizione che passi almeno una settimana in giro per Israele, con delle guide che lo istruiscano sulla storia del paese e con l’obiettivo di rinsaldare i legami tra gli ebrei della diaspora e Israele stesso. Quella settimana Matias l’ha già fatta. Era con altri quaranta argentini, ha scopato con una ragazza di Rosario che vive a Tel-Aviv da anni e fa la soldatessa – e per l’occasione le ha chiesto di mettersi in uniforme -, è andato nel deserto, ha dormito in tenda, ha fatto colazione con “el huevo revuelto” (uova sbattute) tutte le mattine fino a interiorizzare un’altra concezione del primo pasto della giornata e a rigettare per sempre il caffè; ha incontrato un russo già debosciato e adesso non solo convertito ma persino rabbino e fatto vari giri per musei e città. Poi, come tutti gli altri, ha posticipato la data del biglietto di ritorno, così da poter andare a zonzo per l’Europa. Gli ho chiesto cosa sarebbe accaduto se si fosse sottratto alle tappe più noiose del tour israeliano e fosse andato per i fatti suoi: “ti mettono su un aereo, ti paghi il biglietto e in più ti accolli 4000 dollari di penale”. Parigi è una delle tappe del tour europeo.
Due giorni fa abbiamo cenato assieme: io, lui, Agustín e Juan, un cugino di Agustín che fa un giro per l’Europa finanziato da nessuno (adesso è a Pizzo Calabro, paese d’origine dei bisnonni). Matías, con una lingua molto sciolta, ha raccontato delle donne incontrate riversando su di noi una notevole dose di cazzate tanto palesi quanto divertenti. Starlo ad ascoltare è sempre un piacere, soprattutto se a lato c’è Agustín che se ne vergogna un po’. Fa la parte dello stupido ma non lo è per niente. Ha gli occhi azzurri e il sorriso da scemo che fa il furbo.
Il giorno dopo la mia mail-postilla è tornato a casa con un carico di racconti nuovi e un tema già visto: las chica, le femmine: de acá, de allá, de Israel, de Italia, de todo lado.
Questa è una ricostruzione della sua giornata, basata in parte sui racconti di Matías (difficilmente verificabili) e in parte sull’osservazione diretta. La mattina si è svegliato alle 10, per andare a vedere la Tour Eiffel. Dopo aver fatto a Gilles – che era impegnato in qualcosa di urgente – una decina di domande a raffica – dov’è lo zucchero? E il caffè? Ah no, è vero, il caffè no, dimenticavo – dopo aver fatto queste domande rivelatrici della sua mancanza di autosufficienza, che è uno dei tratti distintivi e caratteristici del nostro Matías, il nostro eroe era pronto per uscire. E però prima di andar via ha pensato bene di svegliare quattro volte Agustín, sempre per interrogarlo sul “come va?”, “che fai più tardi?”, “dov’è lo shampoo?”.
Divagazione: mentre scrivo hanno suonato al campanello: è Matias. Mi sta dicendo che oggi ha incontrato due ragazze, due turiste, che spendono tanti soldi inutilmente. Le sta definendo così, in tempo reale: “dos chicas descartables, como un fast-food” (usa e getta, come un fast-food). Parla sempre, non si ferma mai. Mai, cazzo, mai. Mentre scrivo mi ha chiede se ho fame – che tradotto vuol dire se cucino qualcosa per lui – e se so dove può trovare un giubbotto, perché sono meno cari che in Argentina. Ecco, adesso mi sta chiedendo se di solito fa più freddo di così e se c’è sempre questa nebbia, nonostante io risponda in maniera evasiva, immerso nella scrittura di questa mail. Sono troppo impegnato a scrivere di lui, perché mi disturba? Adesso ha l’aria assorta e sta per partorire un pensiero recondito. Eccolo: sì, sì, Parigi è più cara di Barcellona. Un altro: qui le ragazze sono più antipatiche che in Argentina, vero? Un altro ancora: minchia quante nere che ci sono in giro, è impressionante. Che bone però ‘ste nere, eh? E ancora: io in Israele ho visto delle ebree etiopi: que lindas, que lindas. E’ andato a fare la doccia, fine della divagazione.
L’altra sera non ha dormito a casa, dicevo. E’ tornato il giorno dopo, alle 3 del pomeriggio, con un tanga rosa che di tanto in tanto tirava fuori per annusarlo con l’aria di un torero che prega prima della corrida. Ha raccontato di aver incontrato una peruviana e una messicana, una di 27 e l’altra di 38 anni; alla Tour Eiffel, fra i turisti. Secondo lui già dal primo sguardo si capiva che volevano scoparsi pure i pali. Così ha attaccato bottone, ha preso confidenza e ha passato il pomeriggio con loro. Noi nel frattempo eravamo a casa, e verso le 19 il telefono ha squillato: hola Gilles! Agustín está? Ad Agustín ha detto che stava chiamando da un hotel e che era con una tipa, ma che sarebbe tornato per farsi bello e uscire di nuovo, per consegnarsi anima e corpo alla pazza gioia della vita notturna parigina. Poi però non è arrivato, ed stato irraggiungibile per tutta la serata. E’ tornato il giorno dopo col racconto dettagliato di un ménage à trois. Ha narrato il tutto dandosi le arie da uomo vissuto che parla a dei pivellini. Siccome sa bene che per essere creduto ha bisogno delle prove ha fatto delle foto alle due ragazze. Vai a sapere se le ha prese da internet o se ci è stato davvero. Ha detto che una era brutta, quella di 38 anni. L’altra no, l’altra era bona. La più grande timida, la più giovane spigliatissima. E’ tornato in hotel con loro, si è fatto pagare la cena e ha chiesto di fargli visitare la stanza. Mentre la 38enne era in bagno ha iniziato a baciarsi con la messicana, fino a quando l’altra è uscita dal bagno piena di sorrisi infantili e commenti del tipo: “ma che fate?”, tutti accompagnati da risate soffocate, espressione dalla sensazione da pazzia trasgressiva di due turiste in libertà. A un certo punto la messicana ha proposto a entrambi di fare una cosa a tre. Matias, ça va sans dire, ha accettato di buon grado. Però a noi ha detto che la 38enne era de-erotizzante. Il tanga rosa che annusava era della messicana.
Mentre scrivo si confondono due suoni: il ticchettio della tastiera e la voce di Matias, che è uscito dalla doccia e parla ininterrottamente da 20 minuti. Ora è venuto a sedersi di fronte a me, sicché io alterno uno sguardo allo schermo e l’altro al suo sorriso sornione. Dice: la mexicana es insatiable, mejor que una pornostar.
Questo accade a Montreuil, in questi giorni. Mi chiedo cosa ne pensiate tutti voi.
Fine del post scriptum, ma può anche darsi che stasera le riveda. O che immagini di rivederle.
Claudio Paterniti Martello