Calabria Soul Kitchen: Pipi, Pira, Puma & Piana Riot
di Simona Lombardo - 18 maggio 2016
Continua Calabria Soul Kitchen, l’itinerario di viaggio nell’anima e nei sapori della mia regione. Ci siamo lasciati con l’aroma della Cipolla di Tropea e i ricordi di un amore estivo, arrivando fino a Nicotera, l’ultimo paese della provincia di Vibo famoso per gli studi sulla dieta mediterranea. Affacciamoci da un’ideale terrazza di questa ultima propaggine del Monte Poro e guardiamo a Sud: godremo del panorama sulla Piana di Gioia Tauro, luogo protagonista di questo nuovo racconto.
In un colpo d’occhio ampissimo, Nicotera ci offre la vista dei paesi della costa, San Ferdinando e Gioia, fino al Monte Sant’Elia di Palmi, ci concede di sbirciare fino alla Costa Viola, Bagnara, e allungando lo sguardo fino allo Stretto, ci regala l’Aspromonte e l’Etna. Sospirando, socchiuderemo gli occhi dalla troppa emozione scorgendo a ovest le Isole Eolie.
Una vista dall’alto è una vista globale, un punto di osservazione che scansiona e svela palmo palmo, mostrando brutto e bello insieme, due facce dello stesso paesaggio che fanno della Piana un luogo di forti contrasti. È inutile negarlo, alle voci Gioia Tauro, Rosarno, Piana, corrispondono spesso i sinonimi di illegalità, abusivismo, degrado.
La Piana è un luogo dell’anima per me, ma nei giardini di arance e mandarini che la ricoprono, tra i profumi di zagara e l’afrore pungente delle clementine, gli immigrati sono sfruttati ogni anno a migliaia. Le distese di ulivi secolari, imponenti e unici, sono anche il degrado ambientale delle campagne, dei rifiuti abbandonati, sotterrati. Lo specchio blu del mare dove resiste la tradizione della pesca forte e vigorosa, si colora dell’orrore di depuratori malfunzionanti. Calabria Soul Kitchen però cerca il bello, e quindi ritiene sia doveroso menzionare l’anima riot di chi da queste parti lotta per autodifesa, per raccontare il territorio anche da questo punto di vista. I tempi stanno cambiando, c’è più informazione, più senso civico. C’è chi sfrutta è vero, ma c’è anche chi difende, chi inquina e chi denuncia, c’è chi dimentica la propria storia e chi lavora per mantenerla viva.
A Rosarno, Koa Bosco è la squadra di calcio composta dagli immigrati africani impiegati nella raccolta degli agrumi a pochi euro al giorno. Promossa in Seconda Categoria, la squadra è un esempio virtuoso di integrazione, di volontà dal basso per garantire coesione sociale e accoglienza ed è un’intera comunità, con associazioni, parrocchie e privati cittadini, a rimboccarsi le maniche per i pasti, i vestiti, perché crede in migliori opportunità per tutti.
A San Ferdinando, Mesima Blu è un altro esempio di chi si spende per far tornare allo splendore del passato il proprio territorio, l’area fluviale del Mesima in particolare, per crearne un parco naturale.
A Gioia, l’Associazione Pian delle Fosse difende strenuamente il centro storico, rivalutandone gli antichi edifici e il Museo Archeologico e gruppi di cittadini riuniti in varie associazioni si impegnano per maggiori controlli sul depuratore e per sensibilizzare a maggiori tutele per un ambiente in serio pericolo.
E se ovunque nella Piana proliferano non-luoghi, con mastodontici centri commerciali per feticisti dell’offerta speciale, resiste anche il commercio più tradizionale, quello fatto dei piccoli pescatori e del mercato dei contadini.
La preparazione di pranzi e cene, infatti, da queste parti si organizza meticolosamente prima di tutto nel momento della spesa. Supermercato? Naaaaa. La mattina di buonora si va in spiaggia. I pescatori sono rientrati all’alba con le reti – sulla spiaggia le loro mogli se ne stanno sotto un ombrellone con il pescato in bella vista. Merluzzi, spatole, alici… Quello che il mare offre diventa il piatto del giorno. Tutto il resto? Si compra al mercato. Contadini KM0, prodotti di stagione, vecchine curve dietro al banco, come fossero ancora intente a raccogliere nel campo, dispongono con ordine la merce, lucidando di tanto in tanto il pomodoro più bello. Chi compra pretende sempre uno sconto, chi vende lo nega, e il teatrino della contrattazione è degno di un’esercitazione in un corso aziendale di vendita efficace.
Non potete andare al mercato? Tranquilli, ci pensa lui, l’uomo col megafono di “pipi, pira, puma, patati”, l’ortolano a domicilio, mitica apparizione tra le strade della marina. Lo senti da qualche via più in là, la voce leggermente nasale. Esci, lo attendi, senti la cantilena farsi più forte e finalmente si avvicina in tutta la sua serafica lentezza, con il camioncino ricolmo di frutta e verdura. Gli fai segno, si ferma. Il mio preferito? Quello che oltre alla verdura vende anche i secchi e le scope, perché da un lato ha sempre un grappolo di supersantos penzolanti, feticcio adorabile d’infanzia <3
“Ciao Zio, come va? La Zia Sta bene? Lo Stromboli si vede oggi?“ È questa la domanda di rito ad ogni telefonata ad un parente della Piana. Ad un panorama mozzafiato non ci si fa l’abitudine. Mai. Come i romani che si emozionano alla vista del cupolone, come i piemontesi che sospirano guardando le Alpi, i bolognesi San Luca, nella Piana di Gioia lo sguardo verso ovest è un’emozione che si rinnova ogni giorno e che non stanca mai. Il rapporto col mare è intimo. Il mare è uno di famiglia.
In una casa affacciata sulla spiaggia è nata mia madre, le mie cugine vivono ancora lì, mio padre mi raccontava delle mareggiate che arrivavano fino alle case, dei lidi degli anni 70 pieni di turisti, con la piscina sulla spiaggia e Patty Pravo in concerto. Dalla spiaggia della marina di Gioia partiva il bastimento del mio bisnonno, che portava l’acqua alle Eolie. E oggi, che di turisti non ce ne sono più tanti e il fermento dei commercianti e dei magazzini pieni di botti di olio e di vino ha lasciato spazio ai container del Porto, ancora di più volgere lo sguardo verso la bellezza autentica del tramonto sul mare è una routine non razionale, un saluto rispettoso e dovuto all’ultima cosa forse rimasta pura da queste parti, perché l’uomo lo Stromboli non l’ha demolito e il sole non l’ha inquinato e giù in fondo, all’orizzonte, il mare sembra sempre immacolato. Il tramonto da qui riappacifica col mondo, i contrasti svaniscono, come il sole che si corica nel mare, quando conosci la gente di queste parti, persone che accolgono, sempre pronte a metterti a tuo agio dicendo: prego, favorite.
La Ricetta
Vi propongo un piatto di Stroncatura con le Alici e il Pan Grattato, ingredienti con una storia, quella dei commercianti e pescatori della Piana.
La stroncatura è una pasta di frumento integrale tipica della Piana di Gioia Tauro. Ottenuta dai residui della molitura del grano, ha una consistenza grossolana che la rende perfetta a trattenere i condimenti tipici. È stata portata qui dagli Amalfitani che nell’800, attirati dalle possibilità commerciali che Gioia offriva, si trasferirono per aprire botteghe e magazzini. La stroncatura è sempre stata una pasta povera, non raffinata che richiedeva condimenti forti che ne coprissero l’acidità. Fino a poco tempo fa era di produzione “illegale”, perché non controllabile igienicamente, e veniva venduta avvolta nella carta del pane. Oggi viene prodotta nei più rinomati pastifici ed è un’eccellenza da cena Slow Food.
Le alici sono quelle che mettiamo sotto sale e sott’olio in casa, in un grande salaturo, dopo averle comprate direttamente dal pescatore – anzi, da sua moglie sulla spiaggia.
Ingredienti per 4 persone
- 350 gr di stroncatura
- Alici sott’olio
- Pan grattato
- 1 spicchio d’aglio
- Peperoncino
- Prezzemolo
- Olio e sale
Preparazione
In padella fate rosolare l’aglio nell’olio evo. Aggiungete alici e scioglietele. Unite il prezzemolo e il peperoncino a seconda della piccantezza desiderata. Mentre la stroncatura cuoce nell’acqua, in una padella tostate il pan grattato insieme ad un goccio d’olio. Una volta pronta, la stroncatura verrà saltata in padella con le alici per poi unirla alla “muddica” tostata.
La Musica
La canzone di questa puntata è un omaggio afrobeat a tutti i rifugiati nel mondo, da due grandissimi: Tony Allen & Damon Albarn <3