La sesta vita di Ghemon è.. Scritta nelle Stelle

di 2bePOP - 27 aprile 2020

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Qualche sera fa, stavo su Facebook. Cosa tutt’altro che rara in questa quarantena.

Aspettavo, però, che Ghemon entrasse in diretta per ascoltare insieme ai suoi fan “Scritto nelle stelle”, disco che sarebbe uscito da lì a pochissime ore.

 APERTURA

Di questa diretta (strumento inflazionatissimo di sti tempi) mi ha colpito una frase, usata come Ouvertoure per introdurre la sua ultima, riuscitissima, fatica discografica:

La tracklist di un disco è importantissima. Chi la fa, deve mettersi nei panni del curatore di una mostra che organizza il percorso e dispone i quadri in modo che i visitatori possano coglierne la bellezza per intero, senza tralasciarne nemmeno uno.”

Non sono, proprio le parole esatte, ma questo è il concetto che mi è arrivato. In quel preciso istante, ho pensato:

Ok, questo disco devo ascoltarlo come merita. Non ora, non qui. D’altronde, non sono tipo da commenti su una board.”

Così, ho chiuso la diretta e ho preferito aspettare la “Mezzanotte” (che poi è il titolo del suo penultimo disco) per ascoltare “Scritto nelle stelle” come piace a me. In cuffia, disteso sul letto, al buio. Da solo.

Scritto nelle stelle” è il sesto album ufficiale di Ghemon, al secolo Gianluca Picariello. Esce per Carosello/Artist First/Macro Beats.

 USCITA

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Esce, in un periodo in cui non esce (quasi) nessuno.

I quadri di una mostra, spesso, hanno il valore che tu vuoi dargli. Questo disco, lo diciamo subito, assume valore anche già solo per il fatto di essere uscito in questo periodo storico. Senza la certezza di poter dargli a breve una “fase 2”: portarlo in giro, suonarlo, facendo esplodere la gioia che contiene.

 COLORI

Si, esatto: “gioia”. Continuando il parallelismo con l’arte figurativa, questo è un disco “a colori”, anche se la copertina è in b/n. “Mezzanotte”, invece, aveva un’opera d’arte in copertina. A colori. Ma il contenuto era un meraviglioso bianco e nero.

Cosa è cambiato? Tutto, per l’ennesima volta. Dal mood al suono, dal rap al cantato.
Tutto.

Questo è un disco in cui l’autore ha il coraggio di dire “Sono felice”. Senza paura, senza imbarazzo. Con la disinvoltura di chi non ha avuto paura di affermare il contrario pochi anni fa. Torno su questo concetto esattamente tra quattro righe.

Prima devo dire che la tracklist, è perfetta. Lo avevo capito sin da subito, così ho deciso di sfidarla. Una volta arrivata la mezzanotte, vado su Spotify e scelgo di ascoltare il disco partendo dalla fine. Da “K.O”. Nell’intro, Ghemon dice:
“E questo è il primo giorno del resto della vita”.

Ecco il concetto di cui sopra. Se vuoi scegliere un modo perfetto per girare pagina, devi superare il dolore attraversandolo. Ci sono voluti 2 dischi e 2 tracklist, ma il tipo (che alla fine, anche se è andato a Sanremo, è un ragazzo come noi) ci è riuscito. “Scritto nelle stelle” è la seconda, anzi la sesta, vita di Ghemon.

Vi suggerisco, se come noi di 2bePOP siete amanti della buona musica, di fare un piccolo parallelo tra questo pezzo e “Kintsugi” (ultimo brano di “Mezzanotte”). Entrambi, si aprono con l’immagine della mattina. La “faccia allo specchio accartocciata” non c’è più, o almeno, non si vede. Ora c’è “un’altra mattina ancora”. Con la sveglia che sembra un allarme e lo specchio che ti chiama alla resa dei conti. Arriva un’età in cui puoi anche permetterti di fare “scena muta”. Non è una scelta, ma lo diventa per spegnere le ragioni del cuore e continuare a nutrire l’istinto.

E poi, arriva un’età in cui le cicatrici diventano il tuo legale:

Certe rughe valgono mille parole. Danno titolo di credito a chi è il loro portatore.”

 SBAGLI

Mi sono segnato una frase, presa sempre da “K.O”:

“Chi ti ha comprato l’anima ha una prova d’acquisto.”

Essere artisti nel 2020, purtroppo, vuol dire non poter sbagliare. Altrimenti, basta un pomeriggio per sprofondare nell’abisso. Nel dimenticatoio. Ma questo rischio, diventa un’opportunità: perché se la pensi così, inizi a pensare che non hai niente più da perdere.

E solo in quel momento, inizi a fare quello che vuoi.

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QUOTES

Ecco.

Ghemon, in questo disco, ha fatto esattamente quello che voleva. Ha cantato, alla Ghemon, per esempio su drums anni ’80. Quasi come a voler riportare in auge l’Italo-disco, quella bella, in un impianto sonoro e linguistico nuovo, diverso. Che alla fine rappresenta una nuova sfumatura della sua carriera.
Ha rappato, come un assassino, su una canzone d’amore (“Io e te”). Spaccando in 2 il beat. Anzi, ‘ammazzando la traccia’, come direbbero i nostalgici dei ’90.
Vorremmo essere cattivi, ma rappa ancora 10 volte meglio del 70% di quelli che hanno il quintuplo delle sue views e della sua fan-base. Vecchi, nuovi e middle school.

Forse, la ricetta per tenersi così in forma è il silenzio.

Un silenzio in cui si impara, per poi dimostrare di essere pronto a un altro step, il più difficile dopo Sanremo: confermarsi ai più, senza snaturarsi.

In “Scritto nelle stelle” Ghemon si mette a nudo, per l’ennesima volta, ma forse per la prima volta mostra anche il sorriso.
E trova il tempo di confermarsi un attento ascoltatore della musica ‘vecchia’ e ‘nuova’. Di avere un debole per Pino Daniele, ma anche un forte amore per tutto ciò che è ‘fresh’ oggi: da Nipsey Hussle (rip) a Childish a Masego, passando per Paak e per un’infinità di gruppi di cui, forse, avrò ascoltato 2 canzoni (grazie a lui).

Niente paralleli, però. Questo è un disco di Ghemon, diverso dai precedenti e non solo perché fa figo dirlo in nota stampa.
Che poi, chi cazzo la legge più la nota stampa?

Adesso, la domanda è a te che leggi. Quanti ascolti/chances dai a un disco? Quanti giri fai di una mostra prima di andartene dal museo? Qui, ti avviso, ci vuole tempo per apprezzare a pieno. E questo, credimi, è il complimento più bello che si possa fare a “Scritto nelle stelle”.

Io, per non ammorbarti, ti scrivo qui di seguito un po’ di rime, e in quali pezzi trovarle.

Il resto, fidati, fallo tu:

I dubbi sono come i vuoti d’aria e stare quassù in piccionaia ti assicuro che non è dolce / ma porto fieramente la mia croce / ho avuto un’intuizione forse troppo precoce” (traccia 1, Questioni di principio)

Se riapro i conti col passato per un attimo, con quei pensieri ormai fuori tempo massimo / Farò un esame di coscienza già che sto nel traffico anche se a che serve farlo da soli e senza dibattito?” (traccia 3, Champagne)

Un paio di anni li ho smarriti e non li ho più sul radar, li avrò passati chiuso in casa o fermo in autostrada / Che cosa vuoi che dica? Che ogni lasciata è persa? / Che poi mi sono intestardito a metterci una pezza / Tu eri stremata ed io ricordo che ero scuro in volto / Nel tentativo di aggiustare quello che era rotto / cerca di venirmi incontro / Il resto è solo nebbia / Non ha più contorno / non c’era scelta, la città era un forno / Che vuoi? Qualcuno doveva pur prendere una decisione e c’era il vuoto attorno” (traccia 5, Cosa resta di noi)

Ho capito che la mia vita è un caleidoscopio / in dei casi non metto cose e colori a fuoco / solamente che poi non mi godo proprio niente / del presente perché penso quasi sempre al dopo / mi hanno detto che ho numeri o colpi da vincente / ma con le scorciatoie si sbanca prima il gioco / io per tutta risposta vado controcorrente / il genio senza coraggio serve davvero a poco” (traccia 7, Buona stella)

Perché passiamo tutto il grosso delle nostre vite a raccontarci l’abitudine a certe ferite” (traccia 8, Io e te)

Non lasci indietro nessun indizio, ma quante notti in bianco fai? Chissà realmente che cosa speri quando preghi per te / sei solo un’anima, chiusa in angolo / Tieni le mani sui freni proprio perché sei solo un’anima, chiusa in un angolo” (Traccia 10, Un’anima)