2bePOP Waves – chapter 3
di 2bePOP - 4 settembre 2017
L’estate sta finendo e un anno se ne va. Sto diventando grande. Lo sai che non mi va. In spiaggia di ombrelloni, non ce ne sono più. No, fermiamoci. Sto copiando il testo di una canzone dei Righeira. L’estate perὸ stava finendo davvero e dovevo lasciare la California e tornare a New York. Stani e Ninni, i miei amici surfisti, come me cresciuti a St. Agata street (un quartiere comparabile a Santa Monica), erano partiti la mattina dopo la grande mareggiata. Nelle orecchie avevo la playlist di Peter, il dj che come me viveva a Brooklyn e che aveva suonato al 2bePOP. Qualche giorno prima mi aveva stranamente umiliato nel playground di Pacific Grove, nonostante il play della mia squadra, Gabriel Curry, un tipo che giocava con i Warriors ed era il mio erede sui campi della West Coast, urlasse di tutto pur di stimolarmi. Oltre a surfare, in molti giocavamo a basket a St. Agata street. Era, questa strada, un posto particolare. Attorno a questo neighborhood di Paola-by-the-sea erano gravitati Soap il musicista avvocato, Macromarco quando cantava “monotematico, monocromatico, monotonico, attonito”, Stefano il dj con i baffi e fondatore di 2bePOP e pure Otto uno che nel ’98 accendeva lo spinotto con le sue musicassette. Negli anni d’oro il Los Angeles Times aveva mandato un giornalista che seguiva la scena hip hop e i surfisti locali. Avevo sentito che un regista di Monterey voleva girare un docufilm su quel periodo. Secondo Andy Mar, un mio vecchio amico di Cos Angeles, era il miglio con più personaggi di tutta la costa ovest degli Stati Uniti. Eppure ce ne andavamo quasi tutti da li. Verso nord: Palo Alto, San Francisco, Seattle, Portland e Vancouver; e verso sud: Los Angeles e San Diego. Per noi l’emigrazione era un elemento come l’acqua. Nonostante questo, c’era chi guardava con sospetto i latinoamericani che venivano fuggendo dalla fame, dalla sete e dalle guerre dei narcotrafficanti. Stranezze della natura umana, ma io sto, di nuovo, targiversando. Ricominciamo: Eravamo alla fine dell’estate, il 2bePOP sembrava lontano e la partenza si avvicinava. Brooklyn mi aspettava. Jade, la famosa musicista con vemenza sexy, mi cercava e altre lasciavano messaggi in segreteria – ma non rispondevo quasi mai. Avrei mai più rivisto la ragazza americana dai capelli di mare? Avrei forse voluto, di tanto in tanto, sentire l’intensità della sua bocca e l’elettricità del suo corpo. Sarebbero bastati tre secondi per riattivare le connessioni che sarebbero poi continuate o finite per sempre. Ma serviva coraggio, non paraocchi, per guidare le imprevedibili geometrie dei sentimenti. Intanto, mentre penso al loft che dovrὸ trovare per guardare Manatthan, fumare e scrivere poesie, penso agli sguardi nuovi incrociati per caso e ai silenzi che diventavano magicamente parole. Si avvicinano, nel frattempo, dei ragazzi di Bristol. Si facevano chiamare Massive Attack. Iniziano a suonare “Teardrop” sulla spiaggia. Il vento spirava forte come a spingerci via. Arrivava il primo vero temporale estivo e portava con se metafore e forse arcobaleni. Passa quel genio con i baffi che fa il dj. Guarda che fisso l’oceano in silenzio. “È oggi che si da il meglio di se stessi amico”, mi sussurra all’orecchio. Era con Valentina, la cantante con il fiore nei capelli che sorrideva sempre. Fischiettava “Finally moving” dei Pretty Lights. Finalmente il movimento. Mi venne in mente Galileo Galilei (“Eppur si muove”). Pensai che quando si sta troppo attenti alle virgole ci si blocca. E, soprattutto, si perde il contenuto vero delle cose e lo sguardo d’insieme. In fono in qualche modo si farà. Come il nuovo 2bePOP, il prossimo campionato NBA e quello NCAA. E si muoverà. Come il globo. Anche in autunno.
Professor AM