2bePOP Waves – chapter 2
di 2bePOP - 27 agosto 2017
Dopo il 2BEPOP ci ritrovammo in spiaggia. In un bar vicino suonava Estas Tonne, un chitarrisa ucraino che Albo dell’Old Square Beats mi aveva presentato la sera prima. La musica arrivava fino a noi e confondeva le parole di Stefano e Aldo (si, proprio quello che aveva allevato tritoni vicino Santa Cruz). Il dj con i baffi parlava di una festa sulla scalinata di una vecchia villa comunale, che avrebbe organizzato in un paesino lontano, bagnato da un mare altrettanto lontano, chiamato Mediterraneo. L’oceano intanto, almeno quel giorno, non era pacifico. La mia ragazza americana con i capelli neri mossi dal mare e dal sole restὸ ferma a guardare l’orizzonte. I suoi sguardi racchiudono il tramonto e il giorno che risorge. Mentre fumo foglie di tabacco e bevo anice selvatico, la brezza e la salsedine fissavano gli equilibri mobili dei sentimenti e dipingevano la luce tra i nostri occhi. Avevamo il vento contro, soffiato anche dagli dei gentili che credevano al mondo standard e lineare. Ero finalmente pronto difenderla cavalcando un drago buono o sparire per sempre. Il dj con i baffi ci aveva insegnato che le mappe dell’amore, e del genio, e della felicità, possono essere imprevedibili e diverse per ogni essere umano. Trovarsi. Perdersi. Ritrovarsi. Metto allora il messaggio in francese per lei nella bottiglia e lo lancio in mare: forse era il primo, forse l’ultimo. Accarezzo il suo cuore fatato mentre lei mi sistema il cinturino dell’orologio e prendo la tavola. Era la più grande mareggiata del nuovo secolo. Un canadese, Danny Michel, intanto aveva iniziato a cantare Ashes to Ashes di David Bowie. Stani, uno con la bandana da native american che parlava sempre di rivoluzione e viveva vicino il campus di Berkeley, e Ninni, che di solito dava lezioni di beach volley a Santa Monica, mi aspettavano sulla riva. La nostra forza era anche nella mancanza di rancori e nel ritrovarsi senza darsi appuntamento. Quando volevo fuggire, ma le stelle dicevano di fermarmi, loro, in un modo o nell’altro, spuntavano sempre per cavalcare le onde. E il mare ci dava le risposte. Surfammo per ore. La colonna sonora iniziava con Green Onions del 1962 ed era stata preparata da Uncle Mike, un dj cult con barba e capelli lunghi da santone indiano del quale stampavano magliette con la sua sagoma e che avevo incontrato anni prima al Grand Hotel Soho di Manatthan. Quando la mareggiata finì mi ritrovai da solo, sdraiato sulla tavola a pancia in giù, ma senza tante risposte. Chiudo gli occhi e mi svegliano le sirene sulle note di Surfer Girl dei Beach Boys. Devo riprendermi. Arriva planando il dj con i baffi. Sfiora l’acqua. “Il timore del dare il nome alle cose o del lottare per le giuste cause puὸ bloccarci e non realizzare i sogni”, iniziὸ a urlare. “Spegni la mente. Ascolta il cuore e senti l’aria”, mi disse. “Perché il destino è scritto nei segreti. Perché la navicella degli spiriti possa continuare il viaggio. Perché è la vita di chi sceglie un mondo migliore.” Effettivamente era stato cosi anche per il 2bePOP. Chi avrebbe mai pensato che sarebbe diventato l’evento dell’anno o che le coordinate sarebbero arrivate dal cielo?
Professor AM