Calabria Soul Kitchen: Vibo, sapori santi per amori eterni
di Simona Lombardo - 4 maggio 2016
Ho questo ex fidanzato. Si chiama David ed è di Bolzano. Siamo stati insieme un pochino e un’estate venne anche a trovarmi in Calabria. Dentro David vive un piccolo terruncello, anche se dall’aspetto non si direbbe. Non posso scordare quando lo presentai a mio padre, il 15 d’agosto, in campagna, c’erano 40 gradi e un concerto di cicale. Si strinsero la mano che sembravano i ringo boys e poi papà chiese a mamma se fosse anemico. Comunque, David rimase entusiasta dell’esperienza di viaggio, che insieme alla frequentazione dei coinquilini calabri a Firenze, lo temprò per sempre nell’accento – da allora i suoi amici sono tutti cumphà – e nella tolleranza al cibo piccante.
Il tempo passava dolce, lunghissime giornate di mare a Capo Vaticano e Tropea, serate infinite fatte della semplicità delle serate infinite d’estate in Calabria.
Uno dei ricordi più belli di quella vacanza per David, oltre alla sottoscritta ovviamente, è proprio legato all’area del vibonese in cui la più buona cipolla del mondo cresce trionfante. A Tropea, David conosce Mimmuzzo, venditore ambulante di conserve a base di Cipolla Rossa IGP.
La cipolla di Tropea, una madeleine…
Mimmuzzo produce da sé le sue conserve. Ha un campo di cipolle dietro casa e con tutta la famiglia prepara un intero catalogo di sottoli e sottaceti, ripieni, grigliati, caramellati e marmellizzati. Le etichette rigorosamente font comic sans, stampate in casa.
Con David strinsero amicizia e se io e lui col tempo ci siamo lasciati, ma siamo rimasti amici (ciao David), l’amore con Mimmuzzo continua imperituro e fedele, un rapporto a distanza fitto fitto di passione e spedizioni in contrassegno. E non solo perché Mimmuzzo è Mimmuzzo e ha le cipolle più buone della Calabria, ma perché un viaggio in Calabria non è mai solamente un attraversamento di luoghi, è anche, soprattutto, scoprire una cultura enogastronomica di impressionante varietà che ti conquista, come ti conquistano i calabresi con cui spesso rompi il ghiaccio guarda caso parlando di cibo.
Per David, io credo, l’amore sarebbe scattato comunque a Gioia con le olive della Piana, a Condofuri con il miele al bergamotto, in Sila con le conserve di funghi vendute per strada.
La cucina calabrese è speciale come molte cucine del mediterraneo, perché è espressione di una storia antichissima, crogiolo di eredità arabe, greche, normanne… è inoltre ciò che deriva da una conformazione geografica che in uno spazio relativamente ristretto racchiude tutto: mare, laghi, colline, pianure, montagne. Una quantità di microclimi e biodiversità tale che ogni paese della regione ha le proprie ricette e prodotti tipici. Praticamente quello che per il vino si chiama terroir e su cui i francesi ci hanno costruito le basi solidissime del loro rinomato turismo enogastronomico, beh, ce l’abbiamo anche noi e in grande quantità.
La zona del vibonese, quella di Mimmuzzo, che divide la Piana di Lamezia da quella di Gioia, è espressione peculiare di questa grande varietà di paesaggi e sapori.
Geograficamente, il vibonese passa da est a ovest dai boschi fittissimi dei rilievi delle Serre all’altipiano del Monte Poro con i suoi paesini sperduti tra le colline, fino a tuffarsi in un mare cristallino con le falesie che degradano rapidamente sul Tirreno.
Questa parte di Calabria non produce solo il mitico bulbo purpureo, ma anche la ‘nduja di Spilinga, il salame piccante spalmabile composto da un mix di carne di maiale e peperoncino insaccato in un budello e affumicato, e ancora il Pecorino del Monte Poro, le conserve di tonno della zona di Pizzo, famosa anche per il Tartufo Nero e la Nocciola Imbottita. Nicotera, l’ultimo paese della provincia di Vibo che si affaccia a sud sulla Piana di Gioia, è considerato la culla della “dieta mediterranea italiana di riferimento”, dove il nutrizionista americano Ancel Keys studiò i mangiatori di pane, cipolla e pomodoro che dalle sue osservazioni risultavano più sani dei cittadini di New York.
Cos’è che unisce questa grande varietà di paesaggi e gusti, non solo nel vibonese ma in tutta la Calabria? Esiste un fattore comune? Sì esiste, ed è il sentire religioso di cui il cibo è espressione diretta. In Calabria il cibo è sacro, va onorato, è rituale. In una terra povera e dal cibo semplice, l’occasione per un piatto speciale è sempre stata la ricorrenza religiosa. Il rito così è diventato piatto tipico e non c’è momento dell’anno in cui non si celebri un mistero divino o un sacramento anche sulla tavola imbandita o che una nonna chiudendo il forno non dica una preghiera sottovoce o si faccia un veloce segno della croce.
E il territorio di Vibo è permeato di spiritualità. I paesini dell’interno sono culla di misteri atavici, racchiusi nelle grotte di tufo dei monaci medievali di Zungri, nel Seminario di Mileto, nella casa di Natuzza, la mistica con le stimmate di Paravati, nella Certosa di San Bruno, che è sin dall’anno mille un rifugio eremitico dove leggenda vuole che si ritirarono a vita spirituale il pilota che sganciò la bomba su Hiroshima e il fisico Ettore Majorana.
A questi luoghi santi e sacramentali si contrappone la Costa degli Dèi, il litorale di Capo Vaticano, Tropea, Ricadi, dove la spiritualità si esprime più spesso a ritmo di bachata, in un ballo di gruppo da villaggio vacanze, dove il dio dell’abbronzatura viene venerato su spiagge bianche e affollatissime.
Ispirata da un nonsoché mistico e sensuale, per questa puntata di Calabria Soul Kitchen vi propongo di calarci in un’esperienza di gusto spirituale, con un menu che prevede un’eucarestia dolce e aromatica, la Cipolla rossa di Tropea, uno spirito santo che si fa carne, nella ‘Nduja di Spilinga, e, a fine pasto, l’offerta di un sangue amaro, Amaro del Capo.
Le ricette
Fileja con cipolla rossa di Tropea e ‘Nduja.
La Fileja è una pasta rustica fresca tipica del vibonese, fatta con acqua e farina.
La preparazione di questo piatto è davvero semplice. Mettete a soffriggere lievemente la Cipolla di Tropea, non fatela abbrustolire, vi perdereste la sua dolcezza. Poco dopo aggiungete qualche cucchiano di ‘Nduja, a seconda della piccantezza desiderata. Portate a cottura la Fileja e unite al soffritto.
Cipolle di Tropea al forno
Semplicissima preparazione anche per questa ricetta. Tagliate le cipolle a spicchi, riponetele in una teglia, condite con un po’ di sale, olio extravergine di oliva e pepe bianco e mescolate. Cuocete in forno a 220°, girando di tanto in tanto per controllare la cottura. In una 40ina di minuti è pronto.
A fine pasto, l’Amaro del Capo, per chi ama gli amari dolci, è l’ideale.
Se siete in Calabria, nel vibonese, a fine serata è d’obbligo la passeggiata a Pizzo per una scelta di dessert altrettanto mitica: il Tartufo Nero o la Nocciola Imbottita. In Calabria non ci risparmiamo, ogni pietanza è una bomba di sapori e goduria assicurati.
La musica
Mentre preparo questo pranzetto vibonese, mi va di ascoltare una canzone sull’estate, w i fidanzati, tutti, la leggerezza di un momento che rimane per sempre e la serietà dello stesso momento che invece poi si perde nel vento.
Amen.