Calabria soul kitchen: nonna Pina era una surfer
di Simona Lombardo - 14 aprile 2016
Calabria, voce del verbo andar via per cercare opportunità migliori.
Vocali aspirate, il brigante incompreso, tonnellate di cocaina, rifiuti tossici, il dissesto idrogeologico, la SA-RC, il rapporto SVIMEZ. Ma anche una grande varietà agroalimentare, un numero di DOP e di Presidi Slow Food crescenti, una produzione vitivinicola che di anno in anno si innalza in quantità e qualità, tre università che sfornano alta specializzazione, l’ICT a Cosenza, il Biomedicale a Catanzaro, Architettura a Reggio.
Dalla Calabria si continua ad andar via, ma ogni tanto si torna.
Per me, a 10 anni Calabria voleva dire vivere in un posto generico chiamato campagna, giri in bici senza meta, estati lunghissime, merende di pane e pomodoro, domeniche sempre troppo assolate anche in inverno e il vestito della messa con la calzamaglia che prude. L’altro da me erano i cugini del nord, con cui scoprire la fonetica corretta di “famiglia, foglie, figli” e le vocali chiuse.
A 20 anni la Calabria me la lasciavo alle spalle per cercare altrove studio e lavoro. Era un mero dato anagrafico dello status di studentessa fuorisede e rispondere a chi mi chiedeva da dove venissi che no, non mangio piccante.
A 30 anni, dopo aver visto anche io un po’ di mondo, ho cominciato a scoprire che forse le vacanze più esotiche le potevo fare a casa mia e Calabria a quel punto voleva dire realizzare che casa mia non la conoscevo, che era necessario scoprirla e che il downshifting, la cucina bio, il km0, il design sostenibile, l’hype dell’orto sul balcone, non erano altro che il lifestyle di mia Nonna Pina.
A quasi 40 in Calabria ci sono tornata a vivere, a Lamezia Terme di preciso. È da qui che voglio partire per un racconto del mio ritorno a casa. Lo farò semplicemente scrivendo di suggestioni che mescolano particolarità del territorio, consigli culinari e musica. Perché 2bePOP è questo: cultura popolare.
Lamezia Terme è formata da tre comuni principali, Nicastro, Sambiase e Sant’Eufemia, ovvero i negozi, gli ulivi e la stazione. È il centro più grande di una Piana che ha la forma di un triangolo: a ovest si affaccia sul Golfo, da Gizzeria a Pizzo 40 chilometri di spiaggia lungo cui si alternano pinete, l’aeroporto, aree industriali e poi di nuovo pinete, porticcioli… In mezzo alla pianura e verso Maida, pacifiche distese di uliveti, il cui frutto si chiama Carolea, alla base dell’olio DOP Lametia. Verso l’interno e le colline intorno a Marcellinara, tra le pale eoliche, c’è l’istmo, il punto più stretto d’Europa, un posto unico se ci pensate, che in poco tempo permette di passare dal Golfo di Sant’Eufemia a quello di Squillace, da un mare all’altro. Le mattine d’estate, chi la sa lunga va a fare il bagno nello Ionio e al pomeriggio torna sul Tirreno, perché il sole da qui ce lo possiamo prendere tutto.
Questa era la terra dei Feaci, quelli dell’Odissea, ma nessuno sa bene perché. Qui si nascondono i segreti dell’antica città greca di Terina e si ignora la bellezza delle abbazie bizantine e delle ville romane. Ben più visibili invece gli insediamenti industriali come la SIR, infrastrutture per lo più inutilizzate ma dal potenziale strategico. Potenzialmente infatti c’è un sacco di potenziale…
In città, a Nicastro, giro a piedi, dalla finestra vedo il mare, il market sotto casa fa una selezione di prodotti locali che non mi fa rimpiangere quella spesa speciale che mi concedevo da Eataly per le grandi occasioni. Il mercato dei contadini è degno del chilometro zero di Porta Palazzo a Torino. Ho scoperto i “curini”, ritrovato i “turduni”…
Come un mini Pigneto, il Corso Numistrano, da territorio esclusivo per il passeggio over 70, si è trasformato in un cuore creativo e roccherrol. Attualmente tra Officine Sonore e Caffè Retrò viviamo una rinascita musicale di tutto rispetto, con band indie, rock, cantautori, italiani e internazionali. È da qui che stanno passando in molti, tra la programmazione in città, fittissima, e gli eventi e festival organizzati nei dintorni dagli stessi due locali. Coraggiosi e tenaci i ragazzi di OFF che hanno portato Fuzz Orchestra, Shellac, Calibro 35, Beatrice Antolini, Luci Della Centrale Elettrica, Bachi da Pietra, Quasiviri, Bamboo, Qui… Altrettanto prolifici e interessanti al Caffè Retrò con Adriano Viterbini, Giorgio Ciccarelli, Bob Corn, Giorgio Canali, Verdena e Afterhours…
E poi a Nicastro c’è anche CRAC, il Centro di Ricerca per le Arti Contemporanee, che come un’astronave aliena è atterrata nel quartiere più popolare, ha acceso le sue luci fluo e ha iniziato a lanciare messaggi in linguaggi sconosciuti, con un effetto con-turbante e stimolante.
Il mio giro di amici si allarga un po’ alla volta; tra gli altri, una signora che vive in campagna e che mi invita a fare la salsa, le conserve, il sapone di casa…
Ho rimesso in moto la 500 e il weekend è quasi sempre il momento giusto per una gita. Ho scoperto solo adesso che a pochi chilometri da casa, a Curinga, c’è un platano orientale millenario, un posto mistico, e ad Acconia le terme romane, che a differenza di molte altre più famose, conservano ancora l’estensione in altezza. I siti archeologici sono ovviamente abbandonati, non valorizzati, ma comunque è affascinante cercarli e scoprirli da soli (uno su tutti: Pian delle Vigne sopra Falerna).
E poi c’è sempre, semplicemente, il mare: la mia estate dura di nuovo un tempo infinito e a parte lo scialo di stare in spiaggia, ancora selvaggia in diversi punti del Golfo, ci siamo riscoperti meta internazionale di sport acquatici. Con un vento termico fisso e stabilimenti attrezzatissimi, Gizzeria pare la California. L’illuminata gestione dell’Hang Loose Beach ha dato la svolta a tutta la zona. Vela, surf, kite surf sono sport praticatissimi e sempre più accessibili. Da-ma-ggio-a-o-tto-bre.
Una ricetta e una canzone:
L’ispirazione viene pensando a chi fa surf, kite e vela dalle nostre parti, perché mi piace l’idea di questo fermento contagioso, questa novità che attrae e diverte, semplicemente grazie a ciò che abbiamo, naturalmente. Che il vento sia con voi e vi scombini capelli e idee.
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“Pitta China Surfer Version”, ovvero una variante della Pitta tradizionale per una merenda perfetta tra una surfata e l’altra. Uno stile sanizzo come lo spirito di chi pratica questo sport, gente zero fronzoli e tutta energia. La Pitta è una focaccia, una specie di pane ripieno, un carburante pronto da bruciare per garantire ai nostri sportivi di essere sempre scattanti, belli e belle di mamma.
Per la pasta
- 1 kg di Farina Integrale
- 100 gr di Farina Gialla
- 1 cubetto di Lievito di Birra
- 2 cucchiai di Olio EVO
- Sale q.b.
Per il ripieno
- 2 melanzane di medie dimensioni
- salsiccia calabrese
- qualche pomodorino
- scamorza da fare a cubetti (anche affumicata)
- basilico
Impastare farine, lievito, olio e sale, lasciare riposare e, quando unchia, dividere la pasta in due parti: una servirà per la base, l’altra per la copertura.
Per il ripieno, passare in padella la salsiccia con un filo d’olio insieme alle melanzane e ai pomodorini a tocchetti, salare e cuocere per circa 15 minuti.
Stendere la base e farcire con un primo strato di scamorza a cubetti, basilico e poi ciò che avete cotto in padella.
(La ricetta originale prevede un primo strato di ricotta, poi salame, uova bollite e tocchetti di provola)
Prima di richiudere, sbattere un uovo: un pochino per amalgamare la farcitura, il resto da spennellare sopra la copertura per dorare.
Infornare in una teglia unta o con carta forno, a 180° in forno preriscaldato (al massimo). Tempo di cottura 20 minuti circa, ma controllare bene la base.
E mentre cucinate, pensando agli aquiloni che planano sul mare, vi propongo di mettere su “California soul” di Marlena Shaw. Come nella canzone, anche qui c’è il surf e il vento che fischia paroline dolci. Basta ascoltare con attenzione, iniziare a cantare e dare vita al Calabrifornia Groove.
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Insomma, in Calabria c’è anche chi torna e quello che trova non è poi così male. Ci vediamo a Lamezia! (con la z di Ezechiele mi raccomando☺)