C’è Dean Blunt in Italia, wow!
di 2bePOP - 26 novembre 2014
Nella mappa della scena elettronica più distopica e alternativa, mr Dean Blunt c’è entrato nel 2009, alla sua maniera: con una identità fittizia e aleatoria, utilizzando pratiche comunicative al limite del situazionismo fuori-tempo-massimo, posando per ambigui ritratti costantemente avvolto in nugoli di fumo che neanche il filtro ‘blur’ di Photoshop sparato al 100%. Assieme alla fida sodale Inga Copeland ha dato vita ad un progetto che è più facile definire come un arcano; uno di quelli sui quali Jodorowsky teorizzerebbe per ore intere. Prendeva il nome di Hype Williams e inizialmente veniva spacciato come side-project di Joss Stone. Il giochino è andato avanti un paio di anni prima della rivelazione definitiva delle identità dei due. La poliedricità delle prime uscite (Untitled e One Nation) ha il profumo pungente del THC buono, deforma il concetto di black music polarizzandolo tra bassa definizione e mutazioni psichedeliche. Il disco della consacrazione arriva con sopra impresso il marchio della Hyperdub di Kode9. Black Is Beautiful è tanto estremo quanto indecifrabile. Si presenta come un collage post-dadaista di frammenti sonori eclettici, che fonde dubstep e grime, prog e techno, dub e rap, ulteriormente filtrato da rumori, riverberi e loop fuori controllo. L’istrionismo di quella uscita trova ideale proseguimento nella prima prova solista a nome Dean Blunt. The Redeemer, uscito nel 2013, applica l’estetica del collage sonoro ad un ambito più colto e metabolizza le esperienze live che uniscono teatro, poesia, performance art e musica.
Dello stesso anno è anche Urban, performance multidisciplinare che lo ha visto protagonista all’Institute Of Contemporary Arts di Londra facendogli guadagnare definitivamente l’attenzione e la stima degli ambienti legati all’arte contemporanea e dalla quale è tratto il suo contributo inedito alla compilation Hyperdub 10.3, la terza di quattro dedicate al decennale dell’etichetta. L’ultimissima fatica discografica del nostro è Black Metal, uscito da qualche giorno per la storica etichetta inglese Rough Trade. Conferma che il suono di Dean Blunt è materia grumosa, resinosa. Ma ci mostra anche un suo lato inedito: da crooner in acido che gioca con le forme del pop e del folk, costruendo ballate notturne e strazianti che hanno lo spleen di King Krule ma con molto meno tabacco. La sua ricerca trova nella performance live la sua dimensione naturale, quasi uno sfogo, con azioni “distopiche”, spiazzanti, rischiose che tessono trame tra spoken word, poesia, destrutturazioni ritmiche. Diventano esperienze estremamente affascinanti per chiunque voglia avventurarsi nel mondo oscuro di questo artista unico.
Potete provarle sulla vostra pelle in due date italiane promosse dai tipi di Basemental: venerdì 5 dicembre all’Ostello di Piazza Tasso, Firenze dove i tipi di Disco_nnect ve lo propongono assieme a me, Dre Love nella versione “Electric Jazz” e Loudtone e il giorno successivo all’interzona di Verona. https://www.facebook.com/events/363714657122681/
Andrea Mi