Nto’: l’intervista

di 2bePOP - 22 maggio 2013

Passano gli anni. Sembra distante già tanto il boom mediatico di Scampia e i primi timidi passi di Roberto Saviano. L’amore forse diventa odio troppo spesso nel gioco dei sentimenti. Ma l’odio può anche lui diventare amore?

In certe cose non c’è reciprocità forse. Però gli estremi di questa contrapposizione di forze sono attraversati da un’unica energia: la passione. Il resto è solo coraggio o, come ha voluto titolare Nto il suo primo album solista, “Coraggio impossibile”.

Lui è la metà esatta dei Co’Sang, un duo rap o, forse addirittura hip hop se qualche autistico b-boy dovesse concedergli l’onore. E oggi, anche da solo, va all’attacco lo stesso. La prima domanda che gli facciamo è, difatti, un attacco frontale: siamo partiti dal battesimo e lui ha ribadito che invece il suo disco è una sorta di estrema unzione: “Per me coraggio impossibile è inteso innanzitutto come concetto finale”, risponde fiero, spiegando di come sia in realtà “il bene che viene trovato appunto dopo la ricerca di questo particolare tipo di coraggio; e ha a che fare anche con la mia situazione attuale, cioè a partire dallo scioglimento di un gruppo e dal mettersi in gioco da capo”.

Cosa è successo prima? Nel passato più recente c’è la scissione: “Il nostro duo si è sciolto per una scelta artistica di Luca, in primis quella di non volere più fare rap in napoletano; da quel momento abbiamo cercato di assestarci, ma partendo da una virata così forte ci siamo trovati davanti a non pochi problemi, e quindi ognuno ha deciso che cosa voleva essere da lì in poi”. Una diatriba che parte da un concetto linguistico, una cosa non da poco, almeno per loro, tanto che Nto ribadisce la sua attitudine con una fierezza che ne chiarisce la valenza semiotica: “Per me il dialetto è importante, non ho mai pensato di abbandonarlo, sarebbe come se una band decidesse improvvisamente di cambiare totalmente genere musicale”.

Orgoglio napoletano? Bisogna tornare indietro per capire cosa sia successo, bisogna tornare, almeno, al rapporto con il loro quartiere, Scampia, e con Saviano, un rapporto di amore ed odio per alcuni, o più probabilmente fatto di equilibri violati da terzi incomodi. “Io e Roberto siamo sempre stati amici e tra l’altro il primo album dei Co’Sang è uscito quasi in contemporanea con Gomorra. Ci è stato semplicemente un momento di poca chiarezza: noi abbiamo sentito di dire la nostra, perché avevamo constatato un certo attacco frontale mentre ci sarebbe voluto un approccio diverso dalla violenza mediatica, il problema forse doveva essere analizzato in maniera diversa. Adesso, Saviano ha anche pubblicato sulla sua bacheca di Facebook il nostro pezzo quindi con lui non ho nessun problema. Noi semplicemente in quel momento abbiamo voluto dire la nostra su come veniva affrontato il problema”. Quello di Nto è un gioco di parole per il quale chi vuole intendere intenda. Resta una verità contemporanea però: i problemi li crea la tv e li risolvono i social network, un’affermazione che se pure pare uscita dal manuale del perfetto grillino riporta la mediaticità fuori dai centri di potere classici e li riconnette ai rapporti personali, anzi all’interattività tra individui.

Come resta fermo il fatto che i Co’Sang, non per loro volontà ovviamente, siano diventati appetibili, proprio in quel periodo, a televisioni e giornali proprio in virtù dei problemi del loro quartiere, Scampia, avendo la possibilità di raccontare certi fatti senza bisogno di mediazioni; riallacciandosi al concetto di rap come Cnn della strada coniato dai Public Enemy dieci anni prima insomma. Il magazine Rolling Stone, in quel boom di camorra, Gomorra e camurrie gli ha accesso, allora, i riflettori addosso, mandando ad intervistarli due cronisti da strada molto in linea con Chuck D: Alioscia dei Casino Royale e Dee Mo, uno dei pionieri dell’hip hop italiano. “Da là è nato un confronto, oltre che una vera amicizia, e un bel rapporto di scambio musicale e artistico”, ricorda Nto, che ascoltava i loro dischi e si è oggi trovato ad avere i Casino Royale sul suo: “È stata una collaborazione che si è sviluppata in modo molto naturale”.

E non è l’unico meeting culturale divenuto musica all’interno del suo Coraggio impossibile: “Sono molto contento della collaborazione con Enzo Avitabile, lui ha fatto da supporto addirittura ad un tour di James Brown in Italia; “Enzo Avitabile Music Life”, il film su di lui, è stato proiettato anche alla mostra internazionale del cinema di Venezia, come film inaugurale non in concorso, con tanto di ben otto minuti di standing ovation. Per me è un artista che merita successo e sono contento che il tributo cinematografico gli sia arrivato direttamente da New York”.

Ancora Napoli quindi, una città che si sta svegliando, soprattutto in ambito hip hop: “Si è trovata un po’ di consapevolezza nel dover remare nella stessa direzione; Napoli è sempre stato un centro di energia, ma se nessuno gli dà visibilità le cose non vengono alla luce. Noi abbiamo un grandissimo laboratorio, che però appena arriva ad un certo livello si ferma perché non riesce ad allargare la sua sfera di diffusione. Adesso, forse si sta tentando di fare un bel gioco di squadra”.

Sarà merito anche del rinnovato business del rap in italiano? Il momento è florido, però il rischio è che si premino solo dischi e m.c. fatti in copia carbone e Nto non è assolutamente tra questi. “In effetti si rischia di cadere un po’ nell’omologazione, ma è in queste trappole che entra in gioco il ruolo dell’artista e cioè il trovare soluzioni nuove all’interno di forme conosciute, in questo caso il rap. Io cerco di fare questo. Un concetto di ricerca che ho sviluppato negli anni, ed anche una propensione che ho sempre avuto. L’offerta è molto ampia, quindi anche dal punto di vista del mercato è necessario diversificarla. Questo è più un consiglio che un giudizio sul rap attuale” tiene a precisarci.

Insomma, Nto ha imparato a muoversi bene nei discorsi di microeconomia, trovando un ambito certamente meno stigmatizzante della microcriminalità adolescenziale della quale parla diffusamente nei suoi testi. “Io credo nella poesia che diventa denuncia. È quello che ho cercato sempre di fare, le canzoni sono questo. Credo che il modo di dire le cose debba essere meno diretto possibile, ci deve essere l’elemento fantastico a fornire una dimensione poetica al testo; ritengo che l’originalità derivi dalla tecnica: se hai una tecnica che ti distingue dagli altri è questa la tua forza”.

Ecco, la sua forza è quella di continuare a cantare Napoli. In questo suo primo album lo si sente addirittura nelle melodie, ma se gli si dà del neomelodico mette subito i puntini sulle i: “Io in realtà mi rifaccio alla melodia classica che ha portato la canzone italiana nel mondo, il genere neomelodico è un’altra cosa”. Difatti il suo nuovo sound sembra un compromesso tra matrice black e musicalità partenopea. Del resto lui dell’idea di compromesso ha una visione molto chiara: “Non ha un’accezione solo negativa, il compromesso lo si accetta quotidianamente, è il vivere sociale; se lo si estremizza diventa repressione, servilismo, ma quando viene usato nelle misure giuste fa parte della nostra vita, sta alla base della convivenza”.

Una visone schietta e che non fa una grinza. Anche perché, senza correre il rischio di prendersi per il culo o di essere stati presi per il culo dai media, a Scampia il compromesso ti salva la vita. Non dev’essere stato facile crescere là, tant’è che secondo Nto è solo “l’infanzia il periodo della vita che si può descrivere come il momento in cui ci sono meno compromessi da sopportare”. Poi, aggiungiamo noi e senza bisogno di riferire il discorso ad un qualsiasi ghetto, ci si deve per forza sporcare le mani un po’.

Non a caso la vita di un giovane di Scampia è tale e quale a quella di un ragazzo qualunque. Cosa sogna? “Una famiglia tutta mia. È la cosa che desidererei di più. Forse anche per via della perdita di mio padre”. E già ci si immagina la favolosa scritta ‘e vissero tutti felici e contenti’ e sullo sfondo le vele, quelle stesse vele che lo hanno condotto fino a qui, navigando attraverso la merda di un quotidiano che gioca con i compromessi, con la musica, con l’amore e con l’odio. Con la vita insomma…

Stefano Cuzzocrea