Trafugando il futuro

di 2bePOP - 23 aprile 2013

in questo mondo di ladriAttenzione. Qui sta andando tutto a puttane. L’incapacità di guardare avanti crea mostri. Uomini che si guardano le spalle, generazioni che si rifugiano nei propri padri dopo averli uccisi e tentato di mangiarli, Nazioni ferme come un’auto in panne. Che poi è la stessa cosa.

La rielezione di Napolitano è la punta di un iceberg culturale. Del resto non è dalla politica che ci aspetta un cambiamento. Sebbene i progressisti che tentano di fare un confronto tra la democrazia e il web non sempre abbiano 60 anni, anzi spesso arrivino alla metà, ed è anche questo un dramma emblematico.

La questione è molto meno patriottica e riguarda il rock. È da lì che ci siamo sempre aspettati l’eversione, l’anormalità, il poi, l’irriverenza, l’audacia e tutte ste stronzate che danno un senso al sogno e dunque alla realtà.

Oggi i giornali danno il triste annuncio della morte di un tale Richie Havens. L’eroe di Woodstock, per dirla col verso che utilizzano i colleghi in oro zecchino: il coccodrillo, sennò, come fa? Ebbene, proprio lui, aveva collaborato ad un album dei Groove Armada, Love Box, catapultandosi negli anni zero con stile e chitarra. Era il 2002. Quindi, quella cosa chiamata Freedom potrebbe essere davvero un’attitudine. Peccato che il 68 sia diventato folklore della nostalgia: l’ingiuria di un genitore che rimprovera il figlio per i governi Berlusconi, un salvagente bello grosso nel curriculum di Guliamo Ferrara, un biglietto di sola andata nella stanza dei bottoni per compagni che non sbagliano più, il titolo di una canzone nel necrologio di oggi finito tra le pagine di Cultura.

Eppure non è altro che attitudine. Un’attitudine in disuso. Esaminando infatti due delle uscite discografiche più attese degli ultimi mesi viene, difatti, da piangere per la disperazione: chi aveva dato input verso il futuro semplice sta compiendo un atto di riverenza verso il trapassato prossimo.

Chi? Ecco, chiunque abbia fatto un buon asilo saprà che non si accusano i compagni, ma dopo le recenti vicende del PD pare ormai chiaro che tutto, anche e soprattutto, tra compagni sia lecito. In più si sceglie di non farsi tacciare di omertà per latitudini natali, e allora ecco i 4 furfanti in questo mondo di ladri:

Per comodità tecnologica si è preferito linkare direttamente i brani incriminati, così sarà anche chiaro che, se pure internet sia complice dei Grillini resta pur sempre più tridimensionale del piattume nel quale, per sua natura e organigramma, è rimasta confinata la carta.

Ascoltando i brani il postulato è incontrovertibile e la domanda nasce spontanea: perché uno dovrebbe acquistare un album nuovo dei Daft Punk e non uno vecchio dei Cool And The Gang? E ancora, c’è un motivo per aspettare l’imminente disco dei Mgmt invece che procurarsi la discografia dei Pink Floyd o degli Yes?

Certo, in un posto dove ogni elezione politica diventa scontro da salotto mentre ciascun litigante sta votando un surrogato della vecchia DC è normale, però si tratta di due band estere, diamine. Ok, tutto il mondo è Paese, ma il rock era un altro mondo, era il cambiamento, la dirompenza, la poesia. Non c’è quindi da meravigliarsi se le nostre giovani star guardino ancora a Baglioni anziché inventarsi un Gesù personale. Del resto anche nell’osannato altrove dell’esterofilia non si è smesso ancora di parlare di Beatles e Rolling Stones. Che differenza c’è tra Jagger e Andreotti, droghe e dorsali a parte?

Ok, smetto di farneticare, tanto di quello che dico non gliene frega un cazzo a nessuno: non sono ne’ giovane e ne’ vecchio, resto giusto uno di quelli ai quali la statistica ha messo in bocca un pollo che non ho mai mangiato. Eppure il mio partito ha vinto: noi disoccupati siamo la coalizione perdente con la percentuale più alta dei vincitori. Aspetterò, quindi, che mi sveglino per scrivere il mio nome con una X, come se non avessi studiato affatto. Peccato che questa volta mi lascino dormire meno di 4 anni: avrei potuto prenderci gusto e risparmiare i soldi che spenderò, invece, in dischi di merda…

Stefano Cuzzocrea